La Champions 2002-2003, per il Milan, comincia prestissimo, addirittura dai preliminari, eredità della stagione balorda di Terim prima e di Ancelotti poi. Lo Slovan Liberec viene domato con qualche patema, e il risultato striminzito (1-0 a San Siro e 1-2 in Repubblica Ceca). Superata la paura, parte la danza del gol: a segnare per primo è Superpippo Inzaghi. In rapida successione, i suoi gol: Milan-Lens 2-1, doppietta; Deportivo-Milan 0-4, tripletta più Seedorf; Bayern-Milan, 1-2, con altri due gol; infine, Milan-Bayern 2-1, un gol più Serginho. Otto gol in quattro partite e qualificazione servita. Il resto è vera e propria accademia, con le indolori sconfitte a Lens e a San Siro col Deportivo.
Nella seconda fase a gironi arrivano a Milano le stelle del Real Madrid, campioni in carica e strafavoriti della vigilia. San Siro esplode al quarantesimo, quando Shevchenko si scrolla di dosso le polveri di un campionato mediocre e sigla il punto di un 1-0 che si trascina sino al triplice fischio. Due settimane dopo, a Dortmund, è di nuovo Superpippo l’uomo decisivo: 1-0 e Milan a sei punti.
Alla ripresa di febbraio, il Milan conferma l’abbonamento all’1-0, e la doppia sfida col Lokomotiv, così come la qualificazione, sono pratiche archiviate: Tomasson a San Siro e un rigore di Rivaldo a Mosca lanciano i rossoneri in vetta al girone e verso i quarti di finale, in barba alle due ultime sconfitte, col Real al Bernabeu e con i tedeschi a San Siro. L’urna è favorevole e disegna un Milan-Ajax che sa di storia.
Lo 0-0 di Amsterdam è solo il viatico ad una delle partite europee casalinghe più belle ed emozionanti di sempre. Inzaghi, ancora lui: 1-0. Poi, a segno ci va Litmanen: 1-1. Il gol successivo è di Shevchenko, ed è la prima volta che la coppia va in rete nella stessa gara di Champions: 2-1. Ma non è finita, rete di Pienaar. A dodici giri di lancette dal termine: 2-2. Al novantunesimo, però, scoppia San Siro: lancio di Maldini, torre di Ambrosini, pallonetto di Inzaghi, tap-in di Tomasson. Ad incrociare le armi rossonere in semifinale ci sono maglie, facce e colori familiari, anche troppo. C’è l’Inter di Cuper, che dopo due gironi vissuti con la suspense che da sempre caratterizza la vita nerazzurra, è riuscita nei quarti a far fuori il Valencia. Benedetti i due gol di Vieri, uno siglato nell’andata di San Siro, chiusasi sull’1-0, l’altro messo a segno al “Mestalla”, dove Toldo protegge l’ultimo risultato utile, il 2-1 per gli andalusi. Viene servito così il derby più importante di sempre. Mancherà proprio Christian Vieri, infortunato.
L’andata, in casa Milan, è di una noia mortale. 0-0, rendez-vous al ritorno. Poi entra in azione il fluido magico e complementare dell’attacco-Milan: Inzaghi si appisola, Shevchenko si sveglia dal torpore e mette dentro il gol più importante della sua ancor giovane carriera. L’1-0 costringe i nerazzurri a segnare due gol: le prodezze acrobatiche di Martins, però, si fanno ammirare una sola volta sul prato di San Siro, limitando il passivo dei rossoneri a quel pareggio con gol che li proietta fino a Manchester, alla nona finale Champions League della loro storia, ad un passo da una nuova gloria. Appuntamento al 28 maggio 2003.
La Juventus del Lippi Bis comincia il suo cammino con gol a grappoli e prestazioni da urlo, e i risultati sono eccellenti. 1-1 a Rotterdam col Feyenoord, 5-0 in casa con la Dinamo Kiev, 2-0 al Newcastle per la prima tornata di sfide. Segnano tutti: Del Piero, Camoranesi, Davids, Nedved. La Juve perde in Inghilterra, ma grazie ad una doppietta di Di Vaio abbatte il Feyenoord nel ritorno di Torino, chiudendo poi il girone con una vittoria di misura (2-1) in quel di Kiev. Il primo posto nel girone non rende clemente il sorteggio della seconda fase, che regala in dote ai bianconeri tre squadre di alto livello: Il sempre temibile Manchester United, il forte Deportivo di Javier Irureta e il coriaceo Basilea. Il 2-2 di La Coruna è un inno al calcio e al cuore-Juve: Tristan e Makaay, con il loro uno-due inziale, sembrano affondare i bianconeri, che però, grazie ad un gol-meraviglia di Alessandro Birindelli ed una di Nedved raggiungono i galiziani e rubano un punto che si rivelerà decisivo.
Tutto facile col Basilea, prima della doppia sconfitta col Manchester, che fa 2-1 all’”Old Trafford”, con gol finale ancora di Nedved e poi passeggia addirittura per 3-0 al “Delle Alpi” di Torino. Diventa decisiva, a questo punto, la sfida casalinga contro il Deportivo di Irureta, già brutalizzato a domicilio dal Milan nella prima fase. Ancora Tristan, ancora Makaay: i due punteri dei galiziani ribaltano il gol iniziale di Ciro Ferrara e rendono complicatissimo la situazione dei bianconeri, che devono solo vincere. E vincere, a questo punto, è un’impresa. Finché non entrano in gioco Trezeguet, che al minuto numero sessantatre riaccende le speranze e Tudor, che nei minuti di recupero fa esplodere il “Delle Alpi” con una gran botta da fuori, e mette i quarti di finale in bianconero su un piatto d’argento.
Ai quarti la Juve è sorteggiata contro il Barcellona. A Torino è 1-1: alla rete di Paolo Montero risponde Javier Saviola. Il ritorno del Camp Nou si presenta quindi, per i bianconeri, come un rebus di facile risoluzione. La risposta però, esiste, e porta i capelli biondi. Pavel Nedved si beve tutta la difesa catalana e buca Bonano sul primo palo, azzerando l’andata. Xavi pareggia i conti con una stilettata appena dentro l’area, aprendo alla partita lo scenario irrisolvibile dei supplementari. Poi, ecco uscire l’ambo che non ti aspetti: Alessandro e Marcelo Zalayeta, due apparenti carneadi divenuti improvvisi campioni che chiudono un contropiede perfetto e spalancano ai bianconeri le porte della semifinale.
Ancora Spagna, e, se possibile, una Spagna ancora più d’aristocrazia: c’è il Real Madrid. Il Real dei “Galacticos”, di Zidane, Ronaldo, Figo, Raùl, Roberto Carlos: insomma, una squadra che fa paura. Non alla Juve, però: nell’andata del “Bernabeu”, Trezeguet, nei minuti di recupero del primo tempo pareggia il gol siglato dopo 23 minuti da un Ronaldo non ancora “Gordito”. Il gol bianconero è fondamentale, e mitiga in parte anche l’effetto del secondo gol merengue, siglato da Roberto Carlos con una delle sue proverbiali fucilate mancine.
La Juventus torna da Madrid con la sensazione che il Real è tutto fuorché imbattibile. Ed a Torino avviene il ribaltone al 12’ cross dalla destra, Del Piero fa da torre e Trezeguet gonfia la rete dell’1-0. 43’: Del Piero riceve palla sul vertice sinistro dell’area, ubriaca di finte Hierro e Salgado e fulmina Casillas sul primo palo. Sessantottesimo: rigore per il Madrid. Occhi negli occhi, Luis Figo e Gianluigi Buffon: il pallone pesa come un macigno, ed il destro del portoghese non è potente. Il tiro è flebile come la paura, Buffon intuisce, devia e scaccia le streghe dei supplementari.
63’: lancio millimetrico di Zambrotta. Per chi, se non Nedved? La furia ceca brucia tutto ciò che è intorno, erba e difensori in maglia bianca, chiudendo l’apoteosi bianconera sul 3-0. I minuti finali servono solo a rimpinguare il tabellino: alla voce gol si registra un gol dell’ex Zidane, che fa 3-1. Alla voce ammonizioni, però, spunta un nome che sa di beffa: Nedved, in un eccesso di zelo e foga, abbatte McManaman nel centro del campo. Diffidato più ammonito uguale squalificato. Addizione semplice, purtroppo: il grande protagonista della Champions bianconera abbandona il sogno di giocare la finale.
All’Old Trafford, il tempio del calcio per eccellenza, va in scena un incontro tutto italiano: Milan e Juventus si giocano la corona di regina d’Europa. Si gioca gioca in un’atmosfera straordinaria. “In campo undici piemontesi tosti”: questa la richiesta del popolo juventino. La finale è tesa, il gioco è poco spettacolare. Camoranesi non riesce nell’impresa di sostituire Nedved e per lunghi tratti del match è il Milan ad avere il pallino del gioco. I 90 minuti regolamentari si chiudono sullo 0 a 0. Ai supplementari il clima è ancora più teso. Antonio Conte colpisce una traversa che ancora trema per i tifosi juventini. Si va ai calci di rigore. Per la settima volta nella competizione la finale viene decisa dal dischetto. Per i bianconeri è ancora dolce il ricordo di Roma. Ma questa volta l’epilogo è diverso. Sbagliano Trezeguet, Montero e Zalayeta. Buffon ipnotizza Kaladze e Seedorf. Ma non basta. Il rigore decisivo di Shevchenko regala al Milan la sesta Coppa dei Campioni della storia. Lo sguardo pietrificato di Marcello Lippi e le lacrime di Nedved, il grande assente, si vorrebbero invece definitivamente dimenticare.
Marco Patruno