La finale del millennio

L’ultima Coppa del secondo millennio finisce nella bacheca dell’Old Trafford al termine di una stagione che ha visto il Manchester United dominare in Inghilterra, in Europa e nel mondo. Erano quindici anni che una squadra britannica non vinceva questo trofeo. Ci riescono i “Fergie Boys”, i ragazzi di Alex Ferguson, giovani talenti cresciuti nel vivaio del Manchester (Beckham, Giggs, Scholes, i fratelli Neville, Butt) e lanciati giovanissimi in prima squadra dal tecnico scozzese.

Dopo un turno preliminare agevole contro l’LKS Lodz, il sorteggio piazza i rossi nello stesso gruppo di Bayern Monaco e Barcellona, con il Bröndby vittima sacrificale. Le prime due partite del girone sono palpitanti e ricche di gol: lo United pareggia in casa 3-3 con il Barça e 2-2 a Monaco contro il Bayern, facendosi rimontare in entrambe le occasioni e denotando difficoltà a gestire il vantaggio. Le prime vittorie arrivano in goleada sui danesi del Bröndby: 11 reti nei due scontri diretti. Al Camp Nou contro un Barcellona sull’orlo dell’eliminazione e con undici infortunati va in scena un’altra partita spettacolare e il risultato è lo stesso dell’andata (3-3). Il Manchester fugge due volte, prima sul 2-1, poi sul 3-2, ma Rivaldo lo riprende prima su punizione e poi con una splendida rovesciata.

Manchester e Bayern appaiati al primo posto si incontrano nell’ultima giornata all’Old Trafford. A meno di risultati clamorosi (sconfitta della Juve in casa con il Rosenborg), il pareggio qualifica entrambi. E pareggio è. Per lo United nei quarti c’è l’Inter. Il primo tempo travolgente degli uomini di Ferguson all’Old Trafford annichilisce i nerazzurri, che sbandano in difesa e crollano sotto i colpi in alta quota di Yorke, innescato alla perfezione da Beckham. La prima frazione di gioco termina 2-0 ma il Manchester avrebbe potuto segnare altre 2-3 reti. Nella ripresa l’Inter si scuote; Simeone su azione di calcio d’angolo segna di testa ma l’arbitro Krug annulla per una scorrettezza di Galante su Berg. Finisce 2-0. A San Siro lo United cerca di amministrare il vantaggio, snaturando in tal modo le proprie caratteristiche. L’Inter, pur tenendo in mano il gioco, non ne approfitta, anche perché Ronaldo e Baggio sono in cattiva serata, e passa in vantaggio solo al 62′ con Ventola. La partita si riapre, il Manchester non può più fare calcoli ma la reazione è innocua. Zé Elias ha la palla dei supplementari, ma, solo davanti a Schmeichel, ciabatta fuori. Gol sbagliato, gol subito: su un cross di G. Neville, Cole fa la torre per Scholes, che indisturbato batte Pagliuca da pochi metri e chiude il discorso.

La semifinale oppone allo United la Juventus. All’Old Trafford i bianconeri dettano legge per un’ora, ma capitalizzano solo una delle tante occasioni create. Nell’ultimo spicchio di partita la fatica appesantisce gli uomini di Ancelotti. il Manchester si fa sotto e al 92′ Giggs trova la rete del pari sparando un bolide sotto la traversa. A Torino dopo undici minuti la Juve conduce 2-0 con doppietta di Inzaghi. Il Delle Alpi ribolle e pensa già alla quarta finale consecutiva. Il Manchester però comincia ad attaccare una Juventus forse rilassata dal doppio vantaggio e la infila due volte in dieci minuti a cavallo della mezz’ora, approfittando di due distrazioni della retroguardia bianconera. Il Manchester è padrone del campo e conduce in porto la partita segnando con Cole la rete della vittoria.

A Barcellona il Manchester fronteggia il Bayern in quella che passa alla storia come la più incredibile fra le finali di questa manifestazione. I tedeschi controllano la partita per novanta minuti con una condotta di gara perfetta, ma vengono beffati nei minuti di recupero da un diabolico uno-due della coppia Sheringham-Solskjaer, gli attaccanti di scorta del Manchester. Dopo cinque minuti i bavaresi sono già in vantaggio grazie a una punizione di SuperMario Basler, che beffa Schmeichel sul suo palo. Il Manchester, senza Keane e Scholes squalificati, attacca rabbiosamente ma senza ordine e razionalità e la difesa del Bayern, con Matthäus in gran spolvero, ha buon gioco e i tedeschi sono pericolosi in contropiede.

A metà secondo tempo Ferguson rischia il tutto per tutto: entra Sheringham ed esce Blomqvist, con Giggs spostato sulla fascia sinistra e Beckham a destra. Con il Manchester sbilanciato in avanti, le occasioni sono tutte per il Bayern in contropiede ma Schmeichel salva su Effenberg, Scholl con un pallonetto colpisce il palo e Jancker pochi minuti dopo scuote la traversa. A dieci dal termine entra anche Solskjaer, mentre Hitzfeld aveva clamorosamente sostituito Matthäus, tra i migliori.

Quando Collina ordina i due minuti di recupero il Bayern conduce ancora 1-0. Al 91′ corner per lo United; anche Schmeichel si fionda nell’area tedesca e proprio il portiere danese sfiora di testa la palla che finisce sui piedi di Giggs, il cui innocuo tiro viene corretto in rete da Sheringham sul filo del fuorigioco. Passano sessanta secondi e su un altro corner si sviluppa una mischia in area bavarese con Solksjaer rapidissimo a girare sotto la traversa il gol che regala al Manchester la coppa.

In Inghilterra lo chiamano “Baby Killer Face”, il killer con la faccia da bambino, perché Ole Gunnar Solskjaer dimostra molto meno dei suoi effettivi ventisette anni. Questo centravanti norvegese è uno specialista nell’entrare a partita iniziata e segnare reti decisive. È un vero forno a microonde, entra a freddo, ma si scalda in un attimo. Prima di questa stagione Solskjaer aveva segnato 35 reti nelle 74 partite di Premier League giocate con lo United. A Barcellona regala la Champions League al Manchester esibendo le doti del centravanti d’area: opportunismo, rapidità e senso del gol. Sarà costretto al ritiro al termine della stagione 2006/07, a causa di un infortunio che lo perseguitava dalla stagione 2003/04. In totale con i Reds il suo score reciterà ben 126 reti in 366 partite.

Marco Patruno

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