La settima volta del Real

Nella stagione 1997-1998 la vecchia Coppa dei Campioni lascia definitivamente spazio alla Champions League schiava del dio denaro, del marketing e dei diritti televisivi. Da quest’anno non partecipano più solo le squadre vincitrici dei campionati nazionali, ma anche le seconde classificate degli 8 migliori Paesi della graduatoria Uefa. Dopo due turni preliminari rimarranno in lizza 24 squadre, che saranno suddivise in sei gironi al termine dei quali le prime e le due migliori seconde accederanno ai quarti di finale. Se questa edizione è la prima del nuovo corso, ebbene, come nell’altro esordio della Coppa, nel lontano 1956, è il Real Madrid a uscire vincitore. Per gli spagnoli si tratta del settimo successo, trentadue anni dopo l’ultima affermazione.

Il Real comincia nel facile gruppo D, con Rosenborg, Olympiakos e Porto. L’inizio degli spagnoli è in discesa, contro il Rosenborg vincono 4-1 con rete iniziale di Panucci. Il Real è una macchina da guerra, fino al match di ritorno contro i norvegesi, al quale gli spagnoli arrivano forti del primato nel girone e a un punto dalla certezza matematica della qualificazione. Raul fallisce due occasioni di un niente e Hierro colpisce un palo nella prima mezz’ora. Sul finire del primo tempo, a sorpresa, il Rosenborg va in vantaggio con una rete di Strand su assist di Jakobsen e raddoppia a inizio ripresa con un bel tiro al volo di Brattbakk sempre su assist di Jakobsen, chiudendo la partita. Il Real poi vince l’ultima partita in casa contro il Porto e si assicura il primo posto nel girone.

Nei quarti di finale per il Real c’è il Bayer Leverkusen, l’unica squadra non campione ad essere ancora in gara. A Leverkusen il Real inizia bene e dopo due minuti Savio colpisce il palo. Dopo poco più di un quarto d’ora Beinlich con una fiondata da fuori area piega le mani a Illgner e porta in vantaggio il Bayer. Il Real avrebbe subito la possibilità di pareggiare ma la conclusione di Hierro viene nuovamente fermata dal palo. Nella ripresa il Real pareggia con Karembeu che prende palla a centrocampo e, dopo aver scartato un difensore, all’ingresso in area di rigore castiga il portiere tedesco Heinen. Al Bernabeu il Bayer resiste solo nel primo tempo, prima di crollare a inizio ripresa sotto i colpi del redivivo Karembeu e della giovane punta Morientes.

Nella semifinale con il Borussia Dortmund campione uscente, come nei quarti, l’uomo decisivo è Morientes, che sfrutta alla grande un cross di Roberto Carlos nel primo tempo e nella ripresa regala l’assist a Karembeu, in netto fuorigioco al momento del passaggio, per il raddoppio. Il Borussia di Nevio Scala, senza Sammer, Heinrich, Kohler e Moller può poco di fronte a un ottimo Real. Al ritorno il Borussia bersagliato dagli infortuni non dà mai l’impressione di poter ribaltare il risultato. Il Real colpisce una traversa con Roberto Carlos su punizione e guadagna senza problemi la finale contro la Juventus.

Nell’avveniristica Amsterdam Arena i bianconeri si presentano favoriti come l’anno precedente e come dodici mesi prima partono meglio dei rivali. Zidane folleggia in mezzo al campo e sfiora la rete su punizione. Dopo circa mezz’ora la Juve si spegne improvvisamente e lascia l’iniziativa nelle mani del Real che va vicino al gol con Raul e Roberto Carlos. La ripresa denota ancora i problemi di manovra che la Juve aveva palesato nel primo tempo, Inzaghi e Del Piero non ricevono palloni giocabili. Prima della mezz’ora, il gol partita: un diagonale innocuo di Roberto Carlos viene smorzato da Iuliano e finisce sui piedi di Mijatovic a pochi passi da Peruzzi. Il montenegrino aggira il portiere juventino e deposita la palla in rete. Un minuto e Inzaghi da due passi non riesce a sfruttare un invitante assist di Del Piero, sofferente per un problema muscolare che comprometterà il suo rendimento al Mondiale di Francia 1998. Alla mezz’ora Davids ha una ghiotta palla gol al termine di una mischia che gli consente di battere a rete dal dischetto senza avversari davanti. Il tiro però è centrale e viene bloccato da Illgner. La Juve si riversa in attacco ma non c’è niente da fare e il Real vince la coppa dalle grandi orecchie dopo 32 anni di digiuno.

Il 20 maggio 1998 Predrag Mìjatovic non sapeva che i primi tifosi a festeggiare il suo gol contro la Juventus, ovviamente dopo i madridisti, sarebbero stati quelli della Fiorentina, i suoi futuri sostenitori. All’epoca non si parlava di un possibile approdo nel campionato italiano per questo montenegrino dagli illimitati orizzonti tecnici, che veniva guardato con scetticismo perché non ritenuto meritevole del secondo posto dietro Ronaldo nella corsa al Pallone d’Oro, davanti a giocatori come Zidane e Del Piero. Il gol di Amsterdam, che ha riportato la Coppa a Madrid, è probabilmente il più importante della sua carriera. Arrivato alla Fiorentina dopo sei stagioni in Spagna, in tre stagioni gioca solo una quarantina di partite, dando l’impressione di un precoce declino. Chiude ancora in Spagna, nel Levante.

Con la nuova formula della Champions League l’Italia, classificata nelle primissime posizioni del ranking Uefa, ha diritto all’iscrizione di due squadre: la Juventus campione d’Italia e il Parma secondo classificato. Per i gialloblù si tratta di un debutto assoluto nel massimo trofeo continentale. In quanto qualificati per la Champions League come secondi classificati, gli emiliani devono giocare il secondo turno preliminare prima di essere ammessi tra le magnifiche 24 poi suddivise nei sei gironi.

Avversari sono i polacchi del Widzew Lodz, squadra nettamente inferiore agli uomini di Ancelotti, che infatti non hanno problemi a superare l’ostacolo. Effettuato il sorteggio dei gironi il Parma si trova a lottare con Borussia Dortmund, Sparta Praga e Galatasaray. La prima partita vede gli emiliani a Praga contro lo Sparta, teoricamente l’avversario più debole del girone. Thuram e compagni però non vanno oltre lo 0-0 complicandosi la vita già dall’inizio. Il Parma raddrizza la situazione battendo Galatasaray e Borussia in casa, ma crolla in Germania 0-2 nonostante un fenomenale Buffon che intercetta ben due rigori a Chapuisat e Moller. Il suicidio emiliano si completa al Tardini, dove i gialloblù devono superare lo Sparta per sperare ancora nella qualificazione. Il vantaggio iniziale di Chiesa dopo una ventina di minuti illude il Parma, che si rilassa subendo due reti nei minuti di recupero del secondo tempo, prima che Chiesa su rigore al 96′ pareggi definitivamente. Le speranze di passare come migliore seconda sono ridotte al lumicino e per sperare gli uomini di Ancelotti devono comunque vincere a Istanbul. In Turchia i ducali, già rassegnati all’eliminazione, non vanno oltre il pareggio 1-1 e salutano l’Europa amaramente.

La Juventus si ripresenta più agguerrita che mai a riconquistare il trofeo, con il capocannoniere del campionato italiano Pippo Inzaghi al posto di Vieri, ceduto all’Atletico Madrid per 34 miliardi. Nel suo girone la Juve se la dovrà vedere con il Manchester United, dominatore incontrastato della Premiership. Superato il Feyenoord al debutto, la Juve va all’Old Trafford, espugnato l’anno prima. Pronti-via e dopo venti secondi Del Piero è a tu per tu con Schmeichel e lo trafigge. I bianconeri, privi di Conte e Di Livio, non riescono a gestire il vantaggio e subiscono gli attacchi in massa dello United. Il gallese Ryan Giggs è in una di quelle serate in cui lo si può fermare solo sparandogli e il Manchester, guidato dalla sua ala sinistra, rimonta fino a portarsi sul 3-1 a un minuto dalla fine proprio con Giggs, il migliore in campo. La punizione di Zidane all’ultimo minuto rende meno pesante la sconfitta. Il Kosice non impensierisce i bianconeri che traggono sei punti dal doppio confronto prima della disfatta di Rotterdam, contro un Feyenoord già eliminato. Una doppietta dell’argentino Julio Cruz spinge una Juve inerte e irriconoscibile sull’orlo dell’eliminazione a giocarsi tutto nella sfida del Delle Alpi contro il Manchester che ha vinto tutte le cinque partite disputate ed è già sicuro della qualificazione.

Per passare la Juventus, oltre che della vittoria, ha bisogno anche di un risultato favorevole ad Atene dove il Rosenborg vincendo eliminerebbe la Vecchia Signora. I bianconeri partono all’attacco ma si spengono ben presto, la loro manovra è poco incisiva e disordinata. Il Manchester, giocando sulle ali della tranquillità, arriva spesso dalle parti di Peruzzi. Nella ripresa con Pecchia al posto di Tacchinardi la Juve acquisisce più pericolosità offensiva, intanto da Atene arriva la notizia del vantaggio dell’Olympiakos che fa esplodere il Delle Alpi, gelato poco dopo dal pareggio del Rosenborg. La Juve preme sempre di più, Inzaghi spreca due palle gol, Pecchia divora un gol già fatto calciando fuori a tu per tu con Schmeichel. Il Rosenborg è intanto passato in vantaggio, gettando nello sconforto Torino. Il Manchester si chiama fuori dalla partita e lascia alla Juve l’iniziativa; al 38′ Zidane si libera sulla sinistra e pennella un cross perfetto per la testa di Inzaghi, che batte Schmeichel. Gli ultimi sette minuti sono un thriller, la partita del Delle Alpi scivola via senza scossoni in attesa del miracolo da Atene, che avviene a tre minuti dal termine quando Predrag Djordjevic insacca il 2-2 su calcio di punizione. Il Delle Alpi, passata la grande paura, è in festa.

L’accoppiamento dei quarti riserva alla Juventus un viaggio in Ucraina per la Dinamo Kiev di Shevchenko. Da questo momento in avanti però la Juventus potrà contare anche sul motorino di centrocampo Edgar Davids, svenduto dal Milan a dicembre, che sarà l’uomo decisivo della stagione juventina. L’andata a Torino vede la Juve costantemente all’attacco con una manovra che però si sviluppa troppo per vie centrali infrangendosi spesso contro il muro ucraino. Le occasioni comunque sono tutte per i bianconeri, che sfiorano il gol a più riprese con Inzaghi, Del Piero e Zidane nel primo tempo e con lo stesso Del Piero che colpisce la traversa nel secondo tempo un minuto prima dell’immeritato vantaggio ucraino. È il 56′ quando su un corner Rebrov spazzola di testa mettendo fuori tempo Peruzzi, sulla linea Deschamps respinge di ginocchio proprio sui piedi di Gusin che scaraventa in rete di potenza. A questo punto la Juve si precipita all’attacco e trova il pareggio con Inzaghi che ribatte una respinta del portiere su un suo colpo di testa. Le parate dell’estremo difensore ucraino conservano il risultato di parità. A Kiev, quindici giorni dopo, davanti ai 100.000 dell’Olimpyskis Stadion, la Juve sfodera una grande prestazione. Inzaghi è l’eroe della partita con una tripletta che ammutolisce i tifosi della Dinamo e consegna alla Juve le chiavi della semifinale.

L’ultimo ostacolo prima della finale è rappresentato dal Monaco, che al Delle Alpi viene demolito 4-1 sotto i colpi di un grande Del Piero, che trafigge tre volte Barthez. Nella partita di ritorno Lippi può permettersi di tenere in panchina Davids e Di Livio diffidati, ma deve fronteggiare il grave infortunio di Inzaghi dopo pochi minuti. Diawara interviene durissimo su Superpippo e lo travolge colpendolo in faccia e procurandogli una profonda ferita al labbro superiore, poi ricucita con una quindicina di punti. Entra Amoruso, che al quarto d’ora finalizza una splendida invenzione di Del Piero e proietta di fatto la Juve ad Amsterdam. I bianconeri si limitano ad amministrare la qualificazione e quando vanno sotto ci pensa il solito Del Piero con una splendida semirovesciata al volo su cross di Tacchinardi a ricucire il divario. Ad Amsterdam però la Juve vede i fantasmi dell’anno precedente. Mijatovic la punisce per la quarta volta: Belgrado ’73, Atene ’83, Monaco ’97, Amsterdam ’98.

Marco Patruno

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