In attesa che l’immacolato cuore di Maria lo porti alla vittoria, Matteo Salvini sta dando il meglio di sé in campagna elettorale. Prenderà molti voti per via delle legioni di imbecilli che popolano il Belpaese, ma non tanti quanto immagina lui fidandosi dei sondaggi. Perché il meglio di Salvini, purtroppo per lui e per fortuna nostra, non basta per governare il paese, e gli elettori consapevoli lo sanno. I suoi cavalli di battaglia, l’emergenza immigrazione che non è una vera emergenza, le campagne per la sicurezza in presenza di un calo generalizzato dei reati, l’esaltazione di una famiglia tradizionale che non esiste più, il no intransigente a una sostanza di sicuro valore terapeutico come la cannabis, possono funzionare nell’immediato grazie alla sciocca complicità di una informazione drogata, ma non toccano la sostanza delle cose.
I numeri ci dicono che l’Italia è un paese ricco, industrialmente avanzato e potenzialmente in grado di assicurare a tutti i suoi cittadini un alto tenore di vita. Ma anche che è frenata da questioni cruciali quali la distribuzione della ricchezza, il divario tra il nord e il sud, l’evasione fiscale, la corruzione, la criminalità organizzata che controlla intere regioni, l’incuria e la speculazione edilizia che deturpano il territorio. Qualcuno ricorda una proposta coerente di Salvini su qualcuno di questi temi, a parte la controversa idea di una flat tax che nessuna economia avanzata del mondo ha finora adottato, e che ha dato pessima prova di sé nei paesi dell’ex blocco sovietico dove è stata sperimentata?
I problemi sono complessi, richiedono competenze specifiche e ragionamenti sottili, e non possono essere affrontati a suon di selfie con panini e felpe multicolori. Matteo Salvini è un uomo rozzo, e se ne vanta. Chi trova la forza di leggere la sua biografia, giustamente rifiutata dal recente salone del libro di Torino, scopre non soltanto che sarebbe il politico “più desiderato dalle italiane” e che il suo nome sarebbe “il più cliccato su Google”, ma anche che avrebbe “una naturalezza capace di toccare il cuore della gente” grazie alla capacità di parlare “senza peli sulla lingua”. E poco altro, come del resto ci si può aspettare da uno svogliato studente universitario fuoricorso che ha scelto la strada della politica dopo essersi cimentato come concorrente nei quiz televisivi. Un percorso singolarmente speculare a quello di un altro Matteo, che ha dato pessima prova di sé nel campo del centro-sinistra, e certamente tale da non lasciar ben sperare nel futuro, se mai l’uomo arrivasse a governare da solo, superando l’attuale spuria alleanza con i Cinque Stelle.
I segnali di crescente insofferenza che arrivano dagli alleati, dalle piazze, e soprattutto dal paese reale fatto di imprese istituzioni e corpi intermedi, inducono però a un moderato ottimismo. Ne riparleremo dopo il voto.
Battista Gardoncini