In Italia era arrivata già nel 2017 sul canale a pagamento di La Effe, vista da pochi. Invece la miniserie Havana Noir merita davvero la platea più ampia che le offre Netflix: i casi di Mario Conde, disincantato tenente di polizia de L’Avana, affascinano non soltanto per gli impeccabili meccanismi gialli, ma anche e soprattutto per l’ambientazione nella Cuba di Castro, un po’ come accade da noi con le atmosfere siciliane di Montalbano.
Mario Conde è un personaggio creato da uno dei massimi scrittori cubani, Leonardo Padura, che gli ha dedicato sei romanzi, pubblicati in Italia da Bompiani. I primi quattro formano il ciclo delle stagioni e sono stati adattati per la televisione dallo stesso Padura e dal regista Félix Viscarret. Ogni puntata è autonoma, ma è consigliabile seguire l’ordine per non perdersi l’evoluzione dei personaggi ricorrenti.
Mario Conde è interpretato da Jorge Peruggoría, un attore di teatro molto noto a Cuba, straordinario nel disegnare la figura di un investigatore di mezza età che ha perso le illusioni rivoluzionarie della gioventù, non ha una moglie, è perennemente al verde, e annega i dispiaceri nell’alcol insieme ad alcuni amici disadattati come lui. Conde vorrebbe scrivere romanzi con lo stile triste e disperato di un Salinger. Invece deve indagare su sordidi delitti, scavare nella corruzione dilagante di un paese in ginocchio per l’embargo decretato dagli Stati Uniti, e battersi quasi senza speranza contro il muro di gomma che protegge i burocrati di partito.
Ad aiutarlo ci sono il fedele sergente Manolo Palacios e il burbero maggiore Antonio Rangel, perennemente alla ricerca di un sigaro di qualità che non si può permettere, come accade alla maggior parte dei cubani. E non mancano le donne, alcune splendide, altre perverse. Attratte dal fascino di Conde, condividono con lui la consolazione di un momento, ma non alleviano le sue angosce esistenziali.
gbg