Pelè, Cruijff, Beckenbauer con i Cosmos e altri grandi campioni del passato avevano tentato invano di esportare il soccer negli Usa. Ci si riprova nell’estate del 1994 con l’organizzazione della quindicesima edizione del campionato del mondo. Una scelta sicuramente fortunata, vista la massiccia affluenza di pubblico negli stadi.
Si parte il 17 giugno con la partita inaugurale tra Germania e Bolivia vinta dai tedeschi, con una rete di Klinsmann. Promossa anche la Spagna, nello stesso girone della Germania, alle spalle dei teutonici. Passano anche gli Usa, come ripescati, nel girone che vede andare avanti Romania e Svizzera. Nel gruppo B avanti il Brasile del duo Romario Bebeto e la Svezia che sarà, insieme alla Bulgaria, la sorpresa del mondiale. Nel gruppo F, si fanno strada Olanda, Arabia Saudita e Belgio. Nel gruppo D, oltre alla Nigeria e alla Bulgaria, rinasce anche Maradona in gol contro la Grecia con tanto di corsa e sguardo spiritato verso la telecamera. Sembra un ritorno alla vita per Diego, ma nella seconda partita contro la Nigeria viene fermato dal controllo antidoping. Finisce il mondiale di Maradona e anche la carriera del ”Pibe de Oro”. L’Italia guidata da Arrigo Sacchi (tecnico che col Milan ha vinto tutto) debutta contro l’Eire con una sconfitta. Houhgton con un tiro da fuori sorprende Pagliuca. Partenza in salita, dunque, anche perché nella seconda gara ci giochiamo tutto contro la Norvegia. Con i norvegesi viene espulso Pagliuca, e Sacchi sostituisce Roberto Baggio con Marchegiani. “Ma questo è matto”, così commenta il Divin Codino uscendo dal campo. Vinciamo con una rete dell’altro Baggio: Dino. Nella terza gara ci teniamo a galla pareggiando con il Messico e passiamo come ripescati.
Ottavi: la Spagna liquida la Svizzera con un secco 3-0. La Germania fatica più del dovuto contro il Belgio: 3-2. Facile per l’Olanda, contro l’Eire: 2-0. Vittoria della Svezia sull’Arabia Saudita per 3-1 e vittoria della Bulgaria ai rigori contro il Messico. L’Argentina sconvolta, forse, ancora dal caso Maradona cede le armi alla Romania per 3-2. Anche gli Usa salutano la carovana mondiale, eliminati dal Brasile. E’ il 5 luglio, lo scenario della sfida tra Italia e Nigeria è il Foxboro Stadium di Boston. Stiamo perdendo contro gli africani per una rete a zero e quando già immaginiamo di essere sulla scaletta dell’aereo che ci porta a casa, ecco che come una divinità scende sull’afoso stadio di Boston il famoso “Cul de Sac” che si impadronisce del genio di Roberto Baggio: pareggio a due minuti dalla fine e rigore trasformato al 100′ su calcio di rigore: 2-1 per noi e pericolo scampato.
Quarti: il Brasile si trova di fronte sette squadre europee. I carioca affrontano l’Olanda nell’incontro più esaltante di tutto il mondiale: finisce 3-2 per i brasiliani. La Bulgaria stupisce il mondo, mandando a casa la Germania campione in carica, di Stoichkov e Letchkov le reti che condannano i tedeschi. Va avanti la Svezia che elimina la Romania ai calci di rigore. E poi tocca a noi italiani eliminare, in sofferenza, la Spagna con le reti dei due Baggio (Dino e Roberto).
Semifinali: ancora una volta, è il Divin Codino a trascinarci in finale con due sue perle che eliminano la Bulgaria. E’ finale, dunque, dodici anni dopo il trionfo del Bernabeu. In finale ci aspetta il Brasile, che nell’altra semifinale ha battuto la Svezia con una rete del “Baixinho” Romario.
Finale: mentre la Svezia ha strapazzato la Bulgaria per 4-0, conquistando il terzo posto nella finalina di consolazione, tutta l’Italia è in ansia per le condizioni di Baggio, uscito anzitempo in semifinale contro la Bulgaria. Sacchi decide di rischiarlo, e rilancia anche Baresi recuperato in fretta e furia dall’infortuni al menisco. Il caldo asfissiante del Rose Bowl di Los Angeles incide non poco sulla tenuta delle due squadre. Da segnalare un tiraccio di Mauro Silva che sfugge alle manone di Pagliuca e va a stamparsi sul palo alla sua destra. Baggio tira alle stelle un pallone d’oro servitogli da Donadoni. Si va ai supplementari, e Romario sbaglia a porta vuota il possibile vantaggio brasileiro. Dunque, i rigori che ci condannano per l’ennesima volta: sbagliano Baresi, Massaro e il Divin Codino, a nulla serve la superba parata di Pagliuca su Marcio Santos. Finisce così: con Baresi in lacrime avvolto nell’abbraccio di Sacchi e con i brasiliani danzanti in mezzo al campo. Il Brasile “tetracampeon”, che dedica il trionfo ad Ayrton Senna, morto a Imola il primo maggio.
Marco Patruno