Andrea Liberatori, morto serenamente nel sonno a Champoluc, dove si trovava in vacanza con la moglie Anna Maria, era un signore. Un vero signore. Nel mondo spregiudicato e cinico dei giornali, lui che in oltre quaranta anni di lavoro per l’Unità aveva fatto di tutto e con onore, dal correttore di bozze alla terza pagina, dal cronista al segretario di redazione, non ha mai alzato la voce e non ha mai parlato male di nessuno. Ma non era un mite. Sempre pronto a confrontarsi con le ragioni degli altri, era fermo nella difesa degli ideali che lo avevano spinto giovanissimo ad avvicinarsi al partito comunista e alle pagine dell’edizione torinese de L’Unità, dove poteva mettere la sua elegante scrittura al servizio di quella che allora si chiamava – ed era – lotta di classe.
In una bella intervista raccolta qualche mese fa dal Centro Pestelli, Andrea ha raccontato la sua storia di giornalista militante, strettamente intrecciata a quella del partito e tuttavia capace di non piegarsi alle pretese della ortodossia. Ha rievocato gli appassionati dibattiti che si svolgevano in una redazione frequentata da Italo Calvino, Paolo Spriano e Raimondo Luraghi. Ha ricordato le battaglie contro i licenziamenti, per le case popolari e i diritti civili condotte dalla cronaca torinese del giornale guidata da Diego Novelli e poi da lui. E chi lo ha conosciuto bene, e sa quanto abbia amato il suo lavoro, non può che ammirarlo per la decisione di lasciare il timone della redazione e accettare una pensione anticipata per dare una mano a sanare i conti dissestati del giornale.
Ma anche da fuori, dal limbo del prepensionamento, Andrea non aveva voluto far mancare il suo contributo di idee e di esperienza ai tanti giovani che aveva accolto in redazione, e che continuavano a rivolgersi a lui per consigli e suggerimenti. E lo stesso ha fatto per tutti gli altri colleghi, senza badare a testate o appartenenze, nei lunghi anni di attività nel sindacato e nell’ordine dei giornalisti, con una lucidità che non è mai venuta meno nonostante l’età.
Battista Gardoncini