L’angelo biondo delle falesie

di Roberto Mantovani – Se n’è andato anche l’ultimo grande nome dell’arrampicata degli anni ’80. Per i francesi, Patrick Edlinger era il mito della contemporaneità. Nel 1988, la rivista “Vertical” aveva mandato in edicola un numero speciale. Si intitolava Top 30 des grimpeurs 1988. Ovviamente, sui trenta prescelti, solo nove non erano francesi (ma si sa come stanno le cose, in fatto di grandeur, al di là delle Alpi). Messner, bontà dei redattori, era stato piazzato a sesto posto, Kukukczka solo al diciassettesimo, e Loretan era scivolato al ventisettesimo. Ma anche Lynn Hill era solo undicesima, e Glowacz dodicesimo.

In ogni caso, a scanso di equivoci, al primo posto assoluto c’era lui, Edlinger, davanti a Berhault per un solo piazzamento ma inequivocabilmente davanti a tutti. E la scheda alla fine delle pagine che lo riguardavano, raccontava, tra le altre cose, della sua data di nascita, il 15 giugno 1960, a Dax, in Aquitania, nel dipartimento delle Landes; di un’infanzia trascorsa in provincia; del padre pilota di aerei; di un debutto in arrampicata nel 1968; e della sua ultima realizzazione di quel periodo: «La Femme Blanche (Céüse), 8b+, pas encore répétée».

Dagli anni ruggenti del Verdon, di Cimaï e di Céüse, negli ultimi tempi l’angelo biondo delle falesie era cambiato. Dopo un brutto “volo” dalla roccia delle Calanques nel 1995, che gli aveva procurato anche un arresto cardiaco, Edlinger si era ripreso bene, ma non era più lo stesso nella mente, nello spirito, e persino nel volto, che si era fatto più affilato, quasi volterriano, ascetico, come se il suo proprietario partecipasse poco alle cose di questa Terra. E non era il peso delle stagioni. La vecchiaia non spaventava affatto Patrick. Alle domande di Stéphane Deweze, il redattore di “Vertical “che lo aveva intervistato per Top 30, Edlinger aveva risposto così: «La vieillesse? Je vois ça comme une évolution, pas comme une dégradation. En même temps il faut savoir se préparer à profiter de la vie le plus longtemps possible, y compris physiquement.  ça se mérite. Le perspective de vieillir ne me fait pas flipper».

Ma se negli anni della maturità Patrick era cambiato, già in gioventù sembrava fatto di una pasta diversa dai suoi simili. E non solo per l’armonia dei suoi movimenti in falesia o per la bravura nei passaggi più difficili, su cui sembrava danzare.

Lo ricordo come se fosse oggi, alla finale della prima edizione di sport roccia a Bardonecchia, all’inizio dell’estate 1985. C’era chi cadeva, chi saliva bene per un tratto e poi smarriva forza e destrezza, chi primeggiava. In vista dell’ultima manche erano emersi di prepotenza soprattutto Glowacz e Patrick. Il titolo se lo sarebbero giocato loro due.

Nell’ultima prova, Glowacz era salito in maniera impeccabile, col suo spazzolino da denti per ripulire gli appigli.

Poi era toccato a Edlinger. Al primo contatto del francese con il tracciato di gara, il pubblico che assiepava la Valle Stretta si era zittito all’istante. Non un mormorio, solo mille occhi puntati su di lui. Tutt’intorno era sceso un silenzio pesante, fatto di emozioni trattenute.

E Patrick via, su, sempre più su, un passaggio dopo l’altro, senza esitazioni, con un’eleganza mai vista. Sembrava un extraterrestre, un marziano inviato sul pianeta Terra in missione speciale. Con quale fine? Chi lo sa, forse era un agente segreto in incognita… Silenzio, concentrazione, leggerezza. E da ultimo, la catena, in un boato di urla. Una standing ovation mai sentita, nel mondo dell’arrampicata.

Chissà, forse se lo era scordato anche lui, Patrick, di essere un extraterrestre in visita sulla Terra per un periodo limitato. E così ci aveva preso gusto, ad arrampicare. Amava in modo particolare la roccia del sud della Francia. «Le Sud, c’est un tout» aveva detto una volta. «Regarde bien, où que tu sois: aller vers le Sud, c’est aller vers le chaleur, vers les odoeurs fortes et les goûts prononcés. C’est ça qui me plaît dans le Sud: la sensualité que cela donne aux choses».

Patrick è morto a casa sua, a La Palud sur Verdon, dove viveva da molti anni, venerdì 16 novembre. Un malore? Suicidio? Dicono che da qualche anno avesse problemi di alcolismo e di depressione. Ma i motivi della sua morte non si conoscono né, in questo momento, ci interessano più di tanto. Stupore, rincrescimento e dolore non hanno bisogno di spiegazioni dettagliate.

Forse Patrick non era programmato per diventare vecchio. Per tutti doveva rimanere l’angelo azzurro delle falesie, il grimpeur di un presente che abbiamo ingenuamente creduto senza fine e che invece ha dovuto cedere il passo a un tempo in cui non esiste il “per sempre”.

 

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