Andar per monasteri

di Elisa de Marchi – Ora è il trionfo della primavera, la giornata caldissima ci spinge in montagna a camminare, partiamo presto da Torino per essere di ritorno in poche ore ed evitare il previsto peggioramento del tempo nel pomeriggio.

Un’ora di viaggio, uscita al casello di Borgone, sull’autostrada della valle di Susa. Si raggiunge Villar Focchiardo e si oltrepassa il centro seguendo le indicazioni marroni per la Certosa di Banda. Dopo aver posteggiato l’auto in un comodo slargo subito prima del ponte, si prosegue per qualche centinaio di metri lungo la strada carrozzabile, fino a trovare il sentiero sulla sinistra.

La mulattiera, ben segnalata e ben curata, si eleva attraverso il bosco di castagni inoltrandosi nella valle. Al fondo troviamo la frazione di Banda con una storica abbazia, la Certosa di Banda, costruita nel 1205 per curare i monaci ammalati della certosa di Montebenedetto, situata più in alto. Qui trovarono rifugio tutti i monaci della comunità dopo l’alluvione di Montebenedetto del 1473, così la sede di Banda acquisì sempre maggiore importanza, sia perché più vicina al fondovalle, sia perché poteva sostentarsi con la coltivazione della vite e i castagneti, tanto che nel 1498 ottenne a sua volta la denominazione di “Certosa”. Abbandonata dai monaci nel  1647 , cadde in abbandono ed è ora inglobata nelle case. Arrivando alla borgata tuttavia offre la bella immagine dell’antico campanile che si erge sui tetti di lose.

Le piante proteggono dal caldo troppo forte e nella frescura si cammina con calma, osservando. E’ l’ora dei narcisi, che spuntano come stelline nel verde nuovo, contendendo lo sguardo ai freschi fiori dell’aglietto.

La luce del sole filtra tra il fogliame ad esaltare i particolari del sottobosco, e  valorizza il colore dei prati.  L’erba nuova è lucida e di un verde quasi irreale, ricorda le distese delle colline d’Irlanda. Penso e comprendo i pittori, che un tempo dedicavano le giornate, stando all’aperto, con pennelli e tavolozza, a descrivere un paesaggio, un fiore, una casa di pietra in un prato. Ora si ripiega sulla più veloce e oggettiva tecnica fotografica, ma sotto sotto c’è lo stesso desiderio di trattenere la sorpresa e l’emozione, di fissare il ricordo e potervi tornare con immediatezza in qualunque momento.

Da Banda si prosegue verso l’abbazia di Montebenedetto. Il sentiero di collegamento, sempre ampio e ben curato, aggira il crinale, scende quindi fino ad un solido ponticello di tronchi che permette di attraversare il torrente Gravio. Si risale per uscire dalla valle e sbucare sull’altra mulattiera che arriva dall’alto, dal rifugio Valgravio, e ci porta alla nostra meta.

L’ Abbazia di Montebenedetto, situata a 1120 metri di altitudine, fondata nel 1198 dai monaci della Certosa della Losa, ma abbandonata entro il 1498 per stabilirsi nella più comoda abbazia di Banda, è stata restaurata tra il 1987 e il 2000, e conserva la bella chiesa, mentre sono andati quasi completamente distrutti i chiostri e le celle.

All’interno è ospitato un interessante piccolo museo con notizie storiche, leggende, fotografie relative alle varie abbazie cistercensi presenti nella bassa valle di Susa.

Non ci sono più i monaci, ma sono rimasti i pastori, che oltre al loro lavoro svolgono anche quello di custodi del museo allestito all’interno della chiesa e curano l’accoglienza. Noi ci fermiamo a scambiare due parole e ci gratifichiamo con l’acquisto di un bel pezzo di toma. In altra occasione, magari con la luna piena, si potrà decidere di pernottare in una delle belle stanze da poco riattate allo scopo di accogliere i visitatori desiderosi di trascorrere una notte nel silenzio e nella natura.

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