Con l’inizio degli anni Settanta l’Europa si piega alla rivoluzione olandese. Il Feyenoord di Ernst Happel porta per la prima volta al vertice europeo il “calcio totale”. Il Feyenoord era una squadra completa in ogni reparto, senza grandi individualità ma con uomini interscambiabili fra loro, come richiedeva il modulo di Happel. Nell’edizione in cui viene abolita la terza partita di spareggio anche oltre i primi due turni, gli olandesi, superato il KR Reykjavik, si trovano di fronte il Milan. I rossoneri passano a San Siro con Combin, ma in Olanda, senza Rivera, un gol di Jensen, motorino di centrocampo, e uno della stella Van Hanegem lanciano il Feyenoord verso la finale; il sorteggio infatti pone di fronte agli olandesi avversari morbidi, il Vorwàrts di Berlino e il Legia Varsavia.
Il 6 maggio nella finale di Milano il Feyenoord è opposto al Celtic, reduce da un percorso molto più impervio, avendo eliminato il Benfica, tramite sorteggio, la Fiorentina e il Leeds United. I favori del pronostico sono tutti per gli scozzesi, già campioni nel 1967 e abituati a gare di questa importanza. Il Feyenoord scende in campo senza Treytel, il portiere titolare, rimpiazzato da Eddie Pieters Graafland, fermo da un anno in partite ufficiali. Dopo un minuto, il difensore centrale del Celtic Jim Brogan si infortuna e resta in campo dolorante. Alla mezz’ora Lo Bello assegna un calcio di punizione dal limite agli scozzesi per un fallo su Wallace. Murdoch tocca di tacco per Gemmell che lascia partire un bolide. Lo Bello è sulla traiettoria e copre la visuale al portiere olandese che viene trafitto. Due minuti e il difensore olandese Israel, solo sul limite dell’area piccola, pareggia di testa. Il Feyenoord assume il controllo della partita, guidato dal regista Wim Van Hanegem. Nella ripresa Hasil, mediano austriaco del Feyenoord, colpisce il palo e Evan Williams, portiere e miglior uomo del Celtic, diventa protagonista. Il risultato non si sblocca e la partita va ai supplementari. A quattro minuti dal termine un lungo rilancio del Feyenoord mette in difficoltà l’ultimo uomo scozzese, Billy McNeill, leggermente avanzato. Nell’indietreggiare il difensore incespica e tenta di fermare la palla, che lo sta superando, con le mani. L’estremo tentativo ha in parte successo ma il pallone arriva ugualmente sui piedi del centravanti del Feyenoord Kindvall, che batte il portiere del Celtic.
È difficile trovare un uomo che si erga decisamente al di sopra degli altri nella cavalcata vincente del Feyenoord, ma forse il centravanti svedese Ove Kindvall, autore del gol decisivo nei supplementari contro il Celtic, merita la citazione. Kindvall era un attaccante di peso, molto rapido, abile e con uno spiccato senso del gol, senz’altro uno dei migliori prodotti della scuola scandinava. Con il Feyenoord si è tolto le maggiori soddisfazioni della carriera vincendo due titoli olandesi, la Coppa dei Campioni e la Coppa Intercontinentale, oltre a due titoli di capocannoniere.
E le italiane? Il Milan detentore del trofeo è affiancato dalla Fiorentina. I viola allenati da Bruno Pesaola hanno vita facile al primo turno contro gli svedesi dell’Östers e negli “ottavi” incontrano la fortissima Dinamo Kiev. In Unione Sovietica Pesaola compie un capolavoro tattico, due contropiede di Chiarugi e Maraschi consentono ai viola di ottenere un prestigioso successo. Al ritorno la Fiorentina difende il vantaggio e impatta 0-0. Il capolinea arriva nei quarti di finale contro il Celtic. Al “Celtic Park” i biancoverdi assaltano all’arma bianca la porta di Superchi e passano con Hughes, abile a controllare di sinistro un pallone al limite dell’area dei viola prima di esplodere un tiro imparabile. Un’autorete di Carpenetti e un colpo di testa ravvicinato di Wallace fissano il punteggio sul 3-0, che assegna virtualmente il passaggio del turno agli scozzesi. A Firenze il Celtic si chiude in difesa e la Fiorentina non va oltre un inutile 1-0.
Il Milan, che dopo la Coppa Campioni aveva vinto anche l’Intercontinentale, riprende la sua marcia contro i deboli lussemburghesi dell’Avenir Beggen, superati in scioltezza, ma si trova di fronte negli ottavi il Feyenoord. Per nulla impressionati dal fatto di trovarsi di fronte i campioni uscenti, gli olandesi affrontano il Milan a viso aperto, imponendo il proprio gioco. Nell’unica occasione limpida i rossoneri passano. Rivera batte in fretta una punizione servendo Combin, il quale scambia con Lodetti e riceve il passaggio di ritorno al limite dell’area, da dove scaglia un diagonale rasoterra che supera il portiere olandese. Il resto è Feyenoord, che si scontra con una difesa d’acciaio, in cui svettano Schnellinger, Rosato e il portiere Cudicini. Al 36′ arriva la svolta. Rivera, peraltro abbastanza provato, accusa uno stiramento che lo mette k.o. anche per il ritorno. Il Feyenoord spreca almeno tre palle-gol ma esce da San Siro a testa alta e a Rotterdam fa valere la propria superiorità atletica e una manovra armonica e continua. Tra i rossoneri non si salva nessuno, in una serata-no per tutti i reparti. Un tiro-cross di Jensen che Cudicini giudica alto si insacca all’incrocio dei pali: 1-0. Il Milan resiste sulle barricate fino a nove dal termine, quando Van Hanegem trova il meritato raddoppio.
Marco Patruno