La Coppa dei Campioni 1973-1974 inizia all’insegna delle sorprese. Al primo turno la Juventus finalista solo pochi mesi prima viene eliminata dalla Dinamo Dresda, al secondo turno cadono il Liverpool e addirittura l’Ajax dominatore negli ultimi tre anni, eliminato dal Cska Sofia. Nell’anno dei cambiamenti sale sul trono europeo la prima squadra tedesca: il Bayern Monaco, serbatoio della Nazionale semifinalista a Messico ’70 e campione d’Europa nel ’72. La colonna vertebrale della squadra allenata da Udo Lattek è composta dal leggendario portiere Sepp Maier, dal libero e regista Franz Beckenbauer, fresco Pallone d’Oro, dal fantasista Uli Hoeness, giocatore dal dribbling mortifero, e dal rapinatore d’area Gerd Müller.
La galoppata del Bayern inizia con la faticosa eliminazione ai rigori degli svedesi dell’Atvidaberg Stoccolma; negli ottavi i bavaresi hanno la meglio al termine di due palpitanti partite sui “cugini” dell’Est della Dinamo Dresda. Il resto del cammino verso la finale è in discesa. L’urna benevola di Zurigo accoppia il Bayern nei quarti al Cska Sofia, affossatore dell’Ajax in parabola discendente, e in semifinale con l’Ujpest Dosza, entrambi superati brillantemente. La finale si disputa a Bruxelles e vede di fronte ai tedeschi l’Atletico Madrid, che ha piegato il Celtic in semifinale. Il Bayern è favorito, ma i tedeschi scendono in campo contratti e non riescono a capitalizzare la superiorità tecnica e fisica. Al termine di novanta minuti dominati dalla difesa spagnola, il punteggio è ancora inchiodato sullo 0-0. Si va ai supplementari. All’8′ del secondo Luis coglie impreparata la difesa bavarese e porta in vantaggio i suoi in contropiede. A un minuto dalla fine, quando l’Atletico già assapora il successo, un bolide da trenta metri del ruvido stopper Schwarzenbeck sorprende il portiere spagnolo e evita la beffa al Bayern. Sarà la prima e unica volta che la Coppa viene assegnata in una gara di spareggio. Il Bayern torna in campo con la stessa formazione, Lorenzo è costretto a cambiare alcuni dei suoi uomini più spremuti. Oltre che nel fisico, l’Atletico è minato nel morale per il ricordo della Coppa sfuggita per un niente. La partita non ha storia, una doppietta di Müller e una di Hoeness regalano alla Germania la prima Coppa dei Campioni.
Gerd Müller era semplicemente una macchina da gol. Non era tecnicamente raffinato, non dribblava, ma se arrivava una palla in area di rigore lui era in grado di metterla dentro con un’abilità e un opportunismo che difficilmente si sono rivisti sui campi di calcio dopo il suo ritiro. Era tozzo e sgraziato e tendeva a ingrassare, ma ciò non gli ha impedito di segnare caterve di reti, perché era nato con il gol addosso, grazie a un istinto quasi animale per il pallone da depositare in rete. È stato capocannoniere di questa edizione della Coppa, così come di quella precedente, ha giocato 427 partite in Bundesliga con 366 reti e 62 in nazionale con l’incredibile bottino di 68 reti.
Il cammino della Juve in questa edizione della Coppa è sorprendentemente breve. Finalisti l’anno precedente, i bianconeri nutrivano ambizioni di successo soprattutto ora che l’Ajax aveva perso il suo miglior giocatore, Johan Cruijff. Invece la “Vecchia Signora”, come già le era capitato in passato, incappa in una sorprendente sconfitta al primo turno. L’avversario è la Dinamo Dresda, squadra solida e pugnace come tutte le formazioni tedesche, ma che non dovrebbe creare troppi problemi a Zoff e compagni. I bianconeri si presentano a Dresda senza Furino, autentico trascinatore e gladiatore del centrocampo. Tutto il reparto risente di questa assenza e viene sovrastato dalle folate dei tedeschi. Per una mezz’ora la Juve tiene testa alla Dinamo, sfiorando il gol al 12′ con un tiro di Anastasi che si stampa sulla traversa. Al 28′ la Juve capitola, quando Kreische ribatte in rete un pallone non trattenuto dal portiere italiano. I tedeschi nel finale del primo tempo aumentano il ritmo e per la Juve è notte fonda. Ribaltare il 2-0 a Torino non è facile, ma nemmeno impossibile. La partita è rocambolesca, la Juve è determinatissima e imprime grande ritmo all’incontro. Dopo soli 9 minuti un gol di Furino riaccende le speranze bianconere, ma a metà tempo una sfortunata autorete di Capello mette al sicuro i tedeschi. La Juve non si arrende e Altafini e Cuccureddu, sempre nel primo tempo riaprono il match, in un susseguirsi di emozioni. Ora basta un gol per qualificarsi, ma il palo nega a Causio questa gioia e nel finale Sachse, con la complicità dell’immobile difesa juventina, gira in rete un cross innocuo di Ganzerà, deponendo definitivamente in un cassetto i sogni di rimonta bianconeri.
Marco Patruno