Attratto dalle pesetas che gli offre il Barcellona Rinus Michels lascia l’Ajax per trasferirsi in Catalogna. Sulla panchina dei campioni d’Europa si accomoda, fra lo scetticismo generale, il rumeno Stefan Kovacs. Superati i primi problemi, soprattutto di carattere linguistico, il preparatissimo tecnico rumeno perfeziona il lavoro di Michels affinando lo stile dell’Ajax, concedendo più libertà d’azione alla fantasia e al talento dei giocatori e allestendo un gioco più spettacolare. L’unica variazione tattica apportata dal nuovo tecnico è l’impiego stabile in prima squadra di Ruud Krol come terzino sinistro, con spostamento di Neeskens a centrocampo.
Con queste lievi innovazioni Stefan Kovacs guida Cruijff e compagni alla conquista della seconda Coppa dei Campioni consecutiva nella stagione 1971-1972. Superati facilmente i primi due turni, per l’Ajax arriva l’infuocato quarto di finale contro l’Arsenal. Nel primo match ad Amsterdam una doppietta di Muhren rinnova le speranze dei tifosi dell’Ajax, freddati inizialmente dal vantaggio dei “Gunners”. A Londra ci si attende la veemente reazione dell’Arsenal, ma un’autorete di George Graham spiana la strada degli olandesi verso le semifinali. Dove li attende un altro scoglio durissimo, il Benfica. Basta una vittoria di misura, gol di Swart, nella gara di andata e l’Ajax raggiunge la finale di Rotterdam contro l’Inter. I nerazzurri non sono più la squadra che aveva dominato il mondo a metà degli anni ’60, mentre l’Ajax è nel momento di maggior splendore, all’apice della forma. Cruijff, avanzato in questa stagione da Kovacs nel ruolo di centravanti puro, è affidato alle cure di Oriali, che lo controlla bene, ma capitola in due occasioni, quelle in cui l’asso trafigge il giovane portiere nerazzurro Bordon.
Johan Cruijff è il re incontrastato dei primi anni 70. Arrivato all’Ajax a dieci anni, ha fatto tutta la trafila nel settore giovanile fino al debutto in prima squadra nel 1964, a diciassette anni. Due anni dopo debutta anche in Nazionale dopo aver vinto il suo primo titolo olandese. Centravanti di movimento, agilissimo e scaltro, dal grande controllo di palla, lieve come una farfalla nel liberarsi dell’uomo, è quasi impossibile da marcare per la straordinaria mobilità. Può partire dal centrocampo o addirittura dalla difesa, per impostare azioni da regista o avanzare a fare l’attaccante puro. Imprevedibile, dotato di tiro fulminante, evita i tackles producendosi in un caratteristico salto dopo ogni dribbling. In gioventù il fisico era il suo punto debole, fu addirittura scartato dal servizio militare perché aveva i piedi piatti e le caviglie deboli, ma il lavoro atletico svolto con Rinus Michels ha smussato pure questo difetto. Con l’Ajax vince 3 Coppe dei Campioni, una Supercoppa europea, una Coppa Intercontinentale, 6 titoli nazionali e 4 Coppe d’Olanda, oltre a tre Palloni d’Oro, prima di emigrare al Barcellona.
L’Inter torna in Coppa dei Campioni dopo quattro anni di assenza con una squadra un pò logora. Superato facilmente il primo turno contro l’Aek Atene, negli ottavi lo scontro con i tedeschi del Borussia Moenchgladbach. L’andata in Germania passa alla storia come la partita della lattina. Poco prima della mezz’ora, con il Borussia in vantaggio per 2-1, Boninsegna stramazza al suolo colpito da un oggetto.
L’autore del misfatto viene subito arrestato: si tratta di Manfred Kristein, un’autista di 29 anni piuttosto alticcio. A fine partita, conclusasi 7-1 per il Borussia, puntuale scatta il reclamo nerazzurro, che chiede la responsabilità oggettiva del club tedesco. Il reclamo viene accolto, la partita sarà ripetuta in campo neutro dopo l’incontro di San Siro. A Milano l’Inter si impone 4-2 in una partita caldissima. A Berlino Ovest, davanti a 85 mila tifosi. l’Inter erige una muraglia difensiva esaltando le doti del giovane Bordon, che neutralizza pure un rigore di Sieloff. Alla fine è 0-0. I nerazzurri superano poi lo Standard Liegi ed eliminano il Celtic ai rigori, introdotti da due anni al posto della monetina. In finale l’Ajax di Kovacs si dimostra però di un altro pianeta.
Marco Patruno