La doppietta del Benfica

La sesta edizione della Coppa dei Campioni, nella stagione 1960-1961, segna la fine del dominio del Real Madrid. Il 23 novembre 1960 è una data storica nella storia della competizione: Di Stefano e compagni, per un lustro monopolizzatori del torneo, vengono eliminati per la prima volta. L’impresa riesce agli eterni rivali del Barcellona negli ottavi di finale. Dopo un pareggio per 2-2 ai Chamartin che suscita le polemiche madridiste nei confronti dell’arbitro, il Barcellona si impone 2-1 in casa. Qui le proteste madridiste sono ancora più roventi: il direttore di gara, l’inglese Leafe, annulla addirittura  quattro reti alle “merengues”. Il Barcellona diventa il favorito per la conquista del trofeo e in effetti arriva puntualmente in finale, faticando solo con l’Amburgo in semifinale.

Ad aspettarli trovano una squadra portoghese senza grandi precedenti in campo internazionale: il Benfica. I lusitani sono outsider assoluti. Sono arrivati in finale sospinti dai gol del centravanti José Aguas e dalle invenzioni del grande regista Mario Coluna, eliminando facilmente tutti gli avversari che un sorteggio benevolo ha messo loro di fronte di volta in volta. A Berna il giorno della finalissima il Barcellona è strafavorito e quando, dopo 20 minuti, Kocsis porta in vantaggio i blaugrana sembra solo l’inizio di una goleada. Invece alla mezz’ora Aguas sorprende con un pallonetto il portiere del Barca e un minuto dopo il difensore Gensana devia nella propria porta un innocuo cross dei portoghesi. L’uno-due è terribile per i catalani che accusano il colpo. A inizio ripresa Coluna corona una partita superlativa segnando la terza rete del Benfica. L’assalto finale del Barcellona sortisce solo la marcatura di Czibor e due pali. Il Benfica, a sorpresa, è sul tetto d’Europa.

Dopo l’umiliazione patita due anni prima la Juventus torna in Coppa dei Campioni. Il sorteggio del primo turno oppone i bianconeri al CDNA Sofia, la squadra dell’esercito che poi diventerà CSKA. Al Comunale la Juve vince 2-0 con reti di Lojodice e di Sivori, ma colpevolmente non arrotonda il bottino. Paga tutto nel match di ritorno, affrontato senza Sivori, il portiere Vavassori, Stacchini e Emoli. I padroni di casa dominano il campo e se la difesa bianconera resiste a lungo sulle barricate, è il reparto offensivo a consegnarsi inerme all’avversario, con un atteggiamento che sfiora l’irritante abulia. Comincia a nascere il complesso internazionale della Signora, fortissima entro i confini, capace solo di balbettare fuori d’Italia, dove evidentemente le manca la mentalità per imporre adeguatamente le proprie indubbie doti di gioco.

Il leader del Benfica che realizza la grande impresa di conquistare la Coppa dei Campioni del 1961 è un ex attaccante con un sinistro da favola. Mario Coluna è indietreggiato a centrocampo diventando il grande timoniere della squadra e pilotandola al successo oltre i confini nazionali. Dotato di grande fantasia e di una straordinaria visione di gioco, si fa apprezzare anche in fase realizzativa. Guiderà il Benfica a due Coppe dei Campioni, mancando il terzo successo nella finale contro il Milan. 

E la stagione successiva, , il 1961-1962? Proprio nei giorni della finale contro il Barcellona, il Benfica stava portando a termine l’ingaggio di un giocatore che avrebbe cambiato la storia del club. Gli emissari del club lusitano avevano scoperto in Mozambico un giovane attaccante molto promettente chiamato Eusebio Ferreira Da Silva, destinato a passare alla storia del calcio semplicemente come Eusebio. Il Benfica, esentato dal primo turno, entra in gara negli ottavi, dove si sbarazza facilmente dell’FK Austria. L’avversario nei quarti è l’ostico Norimberga. In Germania finisce 3-1 per i tedeschi, ma a Lisbona il tecnico del Benfica, Bela Guttmann, decide di schierare finalmente Eusebio dall’inizio e ribalta la situazione con un tennistico 6-0. In semifinale anche il Tottenham deve inchinarsi ai lusitani che trovano così in finale un Real Madrid assetato di rivincita dopo l’eliminazione dell’anno precedente.

Ad Amsterdam va in scena una finale emozionante. Il Real, ansioso di restaurare il proprio dominio in Europa, scende in campo concentratissimo e aggressivo. A metà primo tempo due reti di Puskas lanciano il Real sul 2-0 e la partita sembra già chiusa. Ma Aguas e Cavem replicano al magiaro, prima che Puskas faccia tris a sette minuti dal riposo. Nella ripresa sale in cattedra Coluna che prende per mano i compagni e li conduce alla vittoria segnando personalmente il gol del pareggio. I gol decisivi arrivano da Eusebio, la pantera nera controllata benissimo da Pachin, ma implacabile prima su rigore e poi su punizione.

La Juventus della terza avventura in Coppa dei Campioni è profondamente cambiata. Si è chiuso il ciclo di Boniperti, ha lasciato la maglia bianconera anche l’altro grande leader, il difensore Cervato, e la crisi in campionato scoppia quasi subito. Esce di scena l’allenatore Gren, resta Parola da solo e la Coppa dei Campioni diventa la palestra delle migliori energie, visto che il campionato non offre prospettive. Per la prima volta i bianconeri superano il primo turno, a spese del Panathinaikos, e anche il secondo battendo il Partizan Belgrado sia in Jugoslavia che a Torino. Nei quarti c’è l’avversario più forte: il Real Madrid. Ne nasce una epopea straordinaria, vissuta anche sull’onda dei tatticismi, con l’impiego di Charles in difesa per francobollare il temutissimo Di Stefano. Proprio l’anziano fuoriclasse decide il match di andata a Torino che sembra segnare la sfida.

Ma ecco al Chamartin la Juve che non ti aspetti, da battaglia: Bercellino francobolla Puskas, Mazzia blocca Di Stefano, Charles tornato in avanti è un leone, Sivori è ispiratissimo e sigla la rete che rimanda tutto alla “bella”. Lo spareggio va in scena a Parigi, dove la Juve si presenta una settimana dopo con gli stessi uomini, che in campionato hanno dovuto affrontare l’Inter, mentre i “blancos” potevano permettersi di far riposare alcuni big. Al Parco dei Principi è grande Juve. Felo infila e Sivori replica da campione, poi i bianconeri falliscono il raddoppio. Le merengues azzoppano Stacchini, un errore di Anzolin favorisce il 2-1 e il Real prende il largo imponendosi per  3-1.

Lo chiamavano la Pantera nera per distinguerlo da Pelé, la Perla, e l’accostamento non era certo blasfemo. Eusebio Da Silva Ferreira, in arte Eusebio, era arrivato al Benfica nel 1961 dal Mozambico, colonia portoghese dove era nato, dopo una complicata trattativa. Debutta a diciannove anni con la maglia dei portoghesi, l’anno successivo si guadagna il posto di titolare a suon di reti e diventa una pedina decisiva nella conquista della seconda Coppa dei Campioni lusitana. Giocatore eccezionale, dotato di dribbling felpato e di un fisico straripante, le movenze feline e il tiro potentissimo anche da grandi distanze ne fanno un giocatore praticamente incontrollabile nelle giornate di vena. Gioca mezzala, ma di fatto è il secondo centravanti della squadra, il grande movimentatore del gioco offensivo. Oltre al Benfica, assieme a Coluna, prese per mano la Nazionale portoghese, guidandola allo storico terzo posto nel Mondiale 1966.

Marco Patruno

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