Il Bayern raddoppia

Il Bayern si presenta al via della 20a edizione della Coppa dei Campioni con sei freschi campioni del mondo nelle proprie fila, con Dettmar Cramer come nuovo allenatore, e con i favori del pronostico per la vittoria finale. Il ruolo di squadra da battere e la pressione che questo comporta non reca alcun disturbo ai bavaresi che avanzano come un carro armato fino all’atto conclusivo. Esentati dal primo turno, i campioni in carica disputano un nuovo derby con una squadra tedesca orientale negli ottavi, il Magdeburgo, superata di misura sia in casa che in trasferta con tutti e cinque i gol bavaresi segnati da Gerd Müller. Nei quarti Beckenbauer e soci superano i sovietici dell’Ararat Erevan e in semifinale sono posti di fronte ai francesi del Saint Etienne. che cinque anni prima avevano eliminato i tedeschi al primo turno con un’incredibile rimonta (3-0), dopo aver perso l’andata 2-0 a Monaco.

Questa volta non ci sono sorprese e il Bayern consuma la sua vendetta che lo proietta in finale, dove è atteso dallo “squalo” Joe Jordan e dal suo Leeds United, il cui cammino è stato più problematico, avendo dovuto incontrare avversari come l’Anderlecht e il Barcellona. A Parigi purtroppo la violenza fa la sua comparsa per la prima volta in una finale di Coppa dei Campioni. Molti tifosi del Leeds arrivano alla partita già ubriachi e dopo aver seminato il panico nelle zone circostanti il Parco dei Principi. Quando l’arbitro francese Kitabdjian annulla un gol a Lorimer scoppiano violenti scontri che vedono coinvolti i supporter inglesi e la polizia francese.

Nel corso dell’incontro, con il risultato ancora fermo sullo 0-0, l’arbitro non concede un evidente rigore per il Leeds dopo un netto fallo di Beckenbauer su Clark e scatena ancora di più le ire degli hooligans. In un cupo scenario di violenza in cui il calcio sembra ormai relegato ai margini, prosegue una partita brutta e nervosa, in cui non mancano falli cattivi a incendiare un contesto già di per sé molto caldo. Dopo soli due minuti Bjorn Andersson, difensore svedese del Bayern, è messo fuori combattimento da un tackle assassino di un avversario e sul finire del primo tempo anche Hoeness, già in condizioni precarie, deve abbandonare il campo. Al suo posto entra Klaus Wunder, che va a fare il centravanti con Gerd Müller arretrato a centrocampo. Il bomber tedesco sorprende tutti, disputando una ripresa tatticamente perfetta, in cui mette in mostra una visione di gioco sorprendente per la sua fama di satanasso dell’area di rigore. Alla fine il Bayern, aiutato dalla fortuna, trionfa imponendosi più con la forza di volontà e con l’esperienza che con la classe. Negli ultimi venti minuti Roth e Gerd Müller sigillano la vittoria, mentre i tifosi del Leeds proseguono i loro misfatti all’interno e all’esterno dello stadio. A causa degli incidenti, il club inglese verrà punito dall’Uefa con una squalifica dalle competizioni internazionali.

Franz Beckenbauer è stato il più forte giocatore tedesco di sempre. La classe, l’intelligenza e il carisma da leader lo hanno fatto primeggiare in qualsiasi posizione.
Aveva iniziato come centravanti nelle giovanili del Monaco 1860 prima e del Bayern poi, salvo spostarsi a terzino al debutto in prima squadra con il Bayern a diciassette anni nella stagione ’62-63 e poi a mediano.
La classe è sublime, la personalità è in rilievo e seppure giovanissimo Franz si impone come “kaiser” del suo club e pure della Nazionale, che arriva seconda al Mondiale del 1966. Poco dopo la Coppa del Mondo il Ct tedesco Helmut Schön gli troverà la collocazione ideale nella posizione di libero, di cui Beckenbauer offre una interpretazione rivoluzionaria: anziché limitarsi a spazzare l’area di rigore, diventa il primo regista della squadra, di cui governa il gioco con lanci lunghi di geometrica precisione. Conquista cinque titoli nazionali (4 con il Bayern e 1 con l’Amburgo), 3 Coppe dei Campioni, 1 Coppa Intercontinentale, 1 Coppa delle Coppe, 4 Coppe di Germania e 2 Palloni d’Oro, oltre a un campionato del Mondo e un Europeo con la Nazionale. La Lazio, rappresentante italiana designata dopo la vittoria del suo primo scudetto, non può partecipare a causa della squalifica inflittale dall’Uefa in seguito agli incidenti scoppiati prima, durante e dopo la partita di Coppa Uefa giocata contro l’Ipswich Town l’anno precedente. La Lazio dovrà aspettare 25 anni, prima di calcare il palcoscenico della Coppa Campioni. Poiché per regolamento il titolo non è trasferibile, nessuna squadra italiana prende parte a questa edizione della manifestazione.

Marco Patruno

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