E’ un’edizione anomala profondamente influenzata da ciò che è accaduto, quella del 1950: si cerca di ripartire il più lontano possibile dall’Europa e dalle ferite che ha lasciato il secondo conflitto mondiale. La quarta Coppa Rimet sbarca in Brasile, nazione che cerca la consacrazione a livello internazionale. Germania e Giappone non sono invitate a partecipare, l’Urss e il blocco sovietico disertano in massa la manifestazione.
Discorso a parte per l’Italia: gli azzurri si presentano privi dei migliori giocatori, scomparsi a Superga, e arrivano in Sudamerica dopo sedici giorni di nave. Dobbiamo difendere il titolo e invece usciamo subito, perdiamo con i marcantoni svedesi (3-2), e a nulla serve la vittoria con il modesto Paraguay: dopo solo due gare lasciamo a Rio la Rimet.
Il Brasile è lo strafavorito, e vince agevolmente il proprio girone: i carioca si sentono già campioni, producono un calcio spumeggiante e hanno in Ademir un centravanti infallibile. Tutto da decifrare è l’Uruguay, vince il girone di cui fa parte solo la Bolivia: 8-0 per la celeste.
Nel girone D i cronisti dell’epoca strabuzzano gli occhi di fronte a ciò che accade fra Stati Uniti e Inghilterra, Gaetjens al 39′ del primo tempo firma la storica rete della vittoria degli “yankees” contro gli inventori del calcio. Rete ininfluente, però, ai fini della qualificazione: passerà la Spagna a punteggio pieno.
Girone finale: il Brasile, a ritmo di samba, danza su Svezia (7–1) e Spagna (6–1). L’Uruguay, invece, gioca ancora a “nascondino”: pareggia 2-2 con gli iberici, e vince di misura con gli svedesi (3-2 finale). A questo punto al Brasile basta solo un punto per laurearsi finalmente campione del mondo. E’ l’ultima partita del girone, il Maracanà è stracolmo, pronto alla apoteosi finale. Tutti sono convinti che i Verdeoro faranno in un sol boccone dell’Uruguay. E’ Friaca al 46′ a portare in vantaggio i padroni di casa, sembra tutto pronto per una goleada, ma è qui che comincia il capolavoro dei sornioni Uruguagi. Il Brasile non vuole vincere, ma vuole stravincere e si espone al contropiede avversario e puntualmente arriva lo “schiaffo” di Schiaffino, il Brasile barcolla, ma continua ad attaccare. E’ Ghiggia il letale giustiziere della Selecao che infila in rete al 79′.
L’Uruguay e’ campione del mondo per la seconda volta nella sua storia. Da una parte la gioia degli Uruguagi e dall’altra disperati e impietriti i brasiliani in mezzo al campo. Un’umiliazione colossale che si trasforma in una delle più incredibili “tragedie” sportive che il calcio ricordi. Suicidi, follia e morte nelle notti infinite di tutto il Brasile. Il Brasile dovrà attendere ancora un po’ per diventare campione, all’orizzonte c’è un ragazzino, un certo Pelè, che salderà i conti.
Marco Patruno