Whatever it takes

La guerra è orribile. La propaganda bellica anche. E in questi giorni drammatici le pseudo-notizie che leggiamo sui principali quotidiani italiani non sono molto diverse da quelle che si leggono sui giornali russi. Qui Putin è sempre crudele, spietato, calcolatore o pazzo. Là eroico e fermo nella sua difesa degli interessi della patria minacciata dall’espansionismo della Nato a oriente. Qui prendiamo per buone tutte le dichiarazioni e i video di parte ucraina anche quando sono chiaramente taroccati, là è perfino vietato parlare di guerra, ed è stata riesumata la definizione di “operazione di pace”, che andava di moda in occidente ai tempi della ex Jugoslavia, dell’Iraq e dell’Afghanistan.

Ma la sostanza non cambia: se non ci diamo tutti una calmata la terza guerra mondiale, evocata questa mattina dal presidente ucraino Zelensky, potrebbe davvero arrivare. E non piacerà a nessuno, nemmeno a quelli che da noi si sono messi l’elmetto e gettano benzina sul fuoco. Come leggere diversamente le discussioni in corso sulla imposizione di una no fly zone sull’Ucraina, che porterebbe a un conflitto diretto tra gli aerei della Nato e quelli russi? E che dire dell’invio di armi – anche nostre – agli ucraini? Probabilmente ininfluente sulle sorti del conflitto, sembra più che altro il tentativo occidentale di ripulirsi la coscienza dopo aver fatto per anni di tutto per alimentare le tensioni tra i due paesi. Lo stesso si può dire per le sanzioni economiche. Gabellate come l’arma finale in grado di fermare Putin, non sembrano così efficaci, anche perché non sono state condivise da India, Cina, Brasile e gran parte dell’Africa, e piacciono poco anche ad alcuni dei paesi che le hanno accettate, ma sono largamente dipendenti dalle forniture di gas russo.   

A questo punto dovrebbe essere evidente a chiunque non sia in malafede che l’unica strada per evitare il peggio sia la trattativa. Il presupposto essenziale di ogni trattativa è quello di ascoltare le ragioni dell’avversario, anche quando non piacciono. L’Europa, non fosse altro che per motivi geografici, avrebbe tutto l’interesse a svolgere un ruolo autonomo di mediazione nel conflitto in corso, ma per il momento non sembra intenzionata a prendere le distanze dalla pelosa intransigenza degli Stati Uniti di Biden. Abituata dalla fine della seconda guerra mondiale a contare sull’ombrello americano per arginare la minaccia russa, non sembra rendersi conto dei rischi di un ritorno a una Guerra Fredda che avrebbe molte probabilità di diventare calda.

Sempre Zelensky, questa mattina, poche ore dopo aver evocato la terza guerra mondiale, ha accennato alla possibilità di un compromesso con Mosca sul Donbass, la Crimea e la Nato. Il presidente ucraino è un uomo disperato che sta perdendo una guerra contro un nemico soverchiante. Chi davvero vuole aiutare lui e il suo paese deve lavorare per raggiungere questo compromesso. Come disse in un altro contesto l’ottimo, e attualmente troppo silente, Draghi, “whatever it takes”, costi quello che costi.

Battista Gardoncini

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