“Rifarei tutto, anche il citofono” ha detto Salvini dopo la solenne batosta presa in Emilia Romagna, e noi, che non lo amiamo, non possiamo che esserne contenti. Continui pure così, suonando citofoni, addentando mortadelle e twittando a sproposito, e tra non molto sarà soltanto l’ ennesimo brutto ricordo di un paese fragile, che è spesso vittima di pericolosi innamoramenti, ma è anche capace di inaspettate reazioni.
Come è ovvio, tuttavia, gli errori passati presenti e futuri di Salvini da soli non basteranno. Anche i suoi avversari dovranno fare la loro parte, senza indebolire il governo Conte, che tutto sommato sta facendo bene, e possibilmente senza cadere negli errori del passato, riproponendo gli stessi squalificati personaggi che hanno allontanato dal centro-sinistra tanti elettori e anteponendo gli egoismi di partito alle necessità del paese. Non è detto che ci riescano, ma l’esempio dell’Emilia Romagna dimostra che è possibile.
In queste ore ci sono fin troppe analisi del voto. Noi ci limitiamo qui a sottolineare tre elementi a nostro parere decisivi.
Il primo, e più importante, è che Bonaccini era un ottimo candidato, che nel suo precedente mandato aveva preservato e fatto crescere il modello del welfare emiliano senza farsi coinvolgere nelle vuote polemiche della politica nazionale. Il grande risultato ottenuto dal centro-sinistra a Bibbiano, il paese al centro delle sgangherate offensive della Lega, parla da solo.
Il secondo, e quasi altrettanto importante, è che l’elettorato del centro sinistra, dopo anni di disillusioni, è tornato in massa alle urne, portando la partecipazione al voto alla cifra record del 67%. La paura di Salvini ha sicuramente avuto un suo ruolo, ma a fare la differenza sono state le sardine, con la loro ferma e educata protesta, capace di mobilitare anche giovani poco interessati alla politica. E di questo gli strateghi del centro sinistra dovranno tenere ben conto nei loro calcoli futuri.
Il terzo elemento è che non c’era Renzi. Il cacciaballe di Rignano, scoraggiato dai fallimentari sondaggi sul suo neonato partito, ha deciso di non farsi vedere. Continui così, per favore. E con lui facciano un passo indietro tutti gli altri nani che nel vecchio PD si erano autoproclamati leader o maître à penser. Inutile citarli qui, li conosciamo fin troppo bene. Ma una menzione particolare merita Roberta Pinotti, ex ministro della difesa nei governi Renzi e Gentiloni, chiamata l’altra sera da Vespa a commentare l’esito del voto. Un concentrato di vuota supponenza che sembrava messo lì apposta per controbilanciare la disfatta salviniana. E, conoscendo Vespa, forse era proprio così.
Battista Gardoncini