Il 25 settembre voteremo con il “Rosatellum”, che prende il nome da Ettore Rosato, un ex ragioniere eletto a suo tempo nel PD e trasmigrato in Italia Viva al seguito del capo bastone Matteo Renzi. Una legge elettorale ignobile, che a detta di tutti i costituzionalisti andava cambiata subito dopo la riduzione del numero dei parlamentari, ma naturalmente è ancora lì perché garantisce ai segretari di partito l’immenso potere di scegliere gli eletti, sia quelli che corrono nei collegi uninominali, sia quelli che fanno parte dei listini bloccati della parte proporzionale. Una legge che a noi poveri elettori non lascia neppure la possibilità del voto disgiunto: chi volesse votare per il centro sinistra, potrebbe soltanto sperare di non ritrovarsi nella parte uninominale della scheda un Calenda, perché non avrebbe modo di non votarlo. E lo stesso accadrebbe se – Dio non voglia – Calenda riuscisse a imporre la sua nuova amica Gelmini nella lista proporzionale del centro sinistra, dove non contano le preferenze, ma la collocazione sulla scheda.
I due schieramenti si presentano all’appuntamento di settembre in condizioni molto diverse. Confortata dai sondaggi, la destra unita sente l’odore del sangue e sta già discutendo delle poltrone da spartire, mentre tutti gli altri si pongono come obiettivo massimo quello di non lasciare agli avversari una maggioranza troppo ampia, in grado di cambiare la costituzione senza sottoporre a referendum le modifiche. Ma per raggiungere questo obiettivo servirebbe una unità di intenti che per il momento non si vede. Anzi, la principale preoccupazione del PD e dei cespugli del centro sinistra sembra quella di marcare le distanze dagli odiati Cinque Stelle – in declino, ma pur sempre detentori di un 10-12 % dei voti che farebbe molto comodo alla coalizione – e di ottenere qualche vantaggio in più nella spartizione dei pochi posti disponibili. L’idea che nel Paese esiste una vastissima area di scontenti di sinistra, che non si sentono rappresentati dagli attuali partiti e hanno scelto la strada del non voto, non sembra sfiorare nessuno dei leader, a cominciare da Letta. A loro dovrebbe guardare una politica lungimirante, ma l’impressione è che sarà per un’altra volta, sempre che il centro sinistra riesca a sopravvivere al disastro annunciato. E intanto?
Senza pretendere di avere la verità in tasca, dico qui come mi regolerò io la mattina del 25 settembre. Innanzi tutto non cadrò nel solito ricatto del voto utile per battere le destre populiste, sovraniste e filoputiniane. Chi ripete questo stanco ritornello doveva pensarci prima, quando governava insieme ai Cinque Stelle e anziché difendere Conte e il governo più a sinistra della recente storia repubblicana si è lasciato imporre Draghi con la sua agenda tecnocratica e sostanzialmente di destra. Poi scarterò a priori qualsiasi voto che possa anche soltanto favorire il ritorno in parlamento di personaggi come Renzi e la sua banda di voltagabbana. Infine leggerò i nomi che il centro sinistra e i Cinque Stelle proporranno sulla scheda elettorale, alla ricerca di una brava persona che mi dia fiducia a livello personale. Per intenderci, uno che inviterei volentieri a cena. Preferirei che quella persona fosse individuata grazie a un accordo tra le due forze, che al momento sembra improbabile, anche se un po’ ci spero ancora. Ma se non ci fosse pazienza. Non si può avere tutto.
Battista Gardoncini