Trump e dintorni

Fateci caso. Sulle condizioni del presidente Trump colpito dal Covid non ci sono certezze. Secondo alcuni è infetto, ma sta abbastanza bene e presto tornerà al lavoro. Secondo altri è grave e forse a rischio della vita. Qualcuno ha ipotizzato che il presidente sia stato contagiato da una sua stretta collaboratrice, mentre altri  puntano il dito sulla cerimonia pubblica organizzata in occasione della controversa nomina della nuova giudice della corte costituzionale. Le comunicazioni ufficiali provenienti del suo staff sono ambigue perfino sulle date dei tamponi che avrebbero accertato la positività, e contrastano con le indiscrezioni raccolte dai cronisti che seguono le vicende della Casa Bianca. Non mancano poi i complottisti, convinti che in realtà non sia stato contagiato e si sia inventato tutto nel disperato tentativo di ribaltare i sondaggi che al momento lo vedono dietro allo sfidante Biden.

Vedremo nei prossimi giorni che cosa accadrà. Ma qualcosa si può dire fin d’ora: nell’era dei social e della comunicazione globale l’unica  vittima illustre per ora è l’informazione. Gli spazi per un racconto della realtà che non si limiti ad affastellare comunicati e dichiarazioni preconfezionate dagli uffici stampa si sono ridotti, e in un sistema dei media abituato a bruciare parole e immagini sul filo dei minuti il vero giornalismo, inteso come ricerca e analisi dei fatti basata sulla competenza, incontra enormi difficoltà. 

In tutto il mondo l’assenza di filtri e controlli professionalmente qualificati favorisce chi agisce all’unico scopo di manipolare l’opinione pubblica per orientarne le scelte. Non che in passato questo non accadesse. Risalgono al 2003 le bugie di Bush e Blair sulle inesistenti armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, che vennero acriticamente riprese da molti giornali e televisioni  occidentali per giustificare l’invasione dell’Iraq. Le poche voci contrarie si persero nell’indistinto clamore della maggioranza. Più indietro nel tempo, si possono ricordare i Protocolli dei Savi di Sion, un falso confezionato in Russia nel 1903  per alimentari i timori di una cospirazione ebraica volta al dominio del mondo, di cui è noto addirittura il nome dell’autore. Ma questo non impedisce che molti siano ancora convinti della loro autenticità. 

Mai come in questi giorni la menzogne, le omissioni e i depistaggi pagano. E i primi a saperlo sono i detentori del potere economico e politico, che ne fanno ampio uso per i loro scopi. Viviamo nell’era delle fake news, e non sarà facile uscirne.

Battista Gardoncini

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