Quando si dice il caso. Poche ore dopo il discorso di Renzi che ha rilanciato l’idea di costruire un ponte sullo stretto di Messina, alcune piccolissime scosse, inavvertite dalla popolazione ma registrate dai sismografi dell’INGV, l’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, hanno ricordato che l’area dello stretto è parte dell’arco calabro, una delle zone più sismiche del mondo e teatro del peggior disastro della storia d’Italia.
Le immagini che seguono si riferiscono al terremoto e al successivo maremoto del 1908, che distrussero quasi completamente Messina e Reggio provocando oltre centomila morti. Ma l’elenco degli eventi sismici gravi che hanno colpito la regione, a partire dal primo di cui si ha memoria nel 91 avanti Cristo per finire a quello del Pollino del 1998, è impressionante. E gli esperti sanno che prima o poi arriverà un altro “big one”.
Renzi parlava ad una platea di costruttori, comprensibilmente affascinati dalla prospettiva degli investimenti miliardari messi in moto dai lavori di un ponte che nell’ultimo progetto prevedeva una struttura a campata unica lunga 3300 metri, larga 60 e sostenuta da torri alte 400. A parte ogni altra considerazione di natura politica, sociale ed economica, però, parecchi esperti nutrono seri dubbi sul fatto che la tecnologia sia in grado di progettare un manufatto di questa portata in grado di reggere a un terremoto distruttivo. E fanno notare che al mondo non ne esistono di uguali.
Vedremo nei prossimi mesi se all’annuncio di Renzi seguiranno fatti concreti, sperando che la storia non si ripeta. Perché nella ormai più che centenaria vicenda del ponte – se ne è cominciato a parlare nel 1870 – una cosa è chiara: molti ci guadagnano anche se non viene costruito. Negli ultimi anni, secondo una stima dell’istituto Bruno Leoni, gli studi preliminari sono costati alle casse dello stato oltre 600 milioni di euro, e non è finita. Dopo lo stop ai lavori deciso dal governo Monti nel 2012, Stretto di Messina SpA, la società concessionaria costituita per legge nel 1981, è stata messa in liquidazione ma continua a operare. E deve tra l’alto pagare un conto di 45 milioni a Eurolink, la società che aveva vinto l’appalto per la costruzione del ponte.