Jill Abramson, primo direttore donna del New York Times, racconta che nel 2011, al momento di affidarle il prestigioso incarico, l’editore Arthur Sulzberger Junior le chiese quale delle due Abramson avrebbe avuto al vertice del giornale: quella buona o quella cattiva? I tre anni successivi dimostrarono che quella cattiva, incapace di ascoltare gli altri e a volte rancorosa, prevalse su quella buona, nonostante i lusinghieri risultati e la pubblicazione di inchieste scottanti premiate con quattro Pulitzer. Il suo licenziamento, nel maggio del 2014, fu visto come una liberazione dalla maggior parte della redazione.
La Jill Abramson buona e quella cattiva convivono anche in “Mercanti di verità”, il libro che ha scritto nel 2019, ed è stato pubblicato in Italia da Sellerio. Oltre settecento pagine dove gli epocali mutamenti nel mondo dell’informazione vengono seguiti attraverso le vicende di quattro grandi aziende del settore, raccontate nel dettaglio e con molti particolari poco noti: due tradizionali, il New York Times e il Washington Post, e due profondamente innovative, BuzzFeed e Vice.
Per chi vuole capire perché i giornali cartacei stanno morendo e in che modo l’avvento della rete e dei social sta scardinando le tradizionali distinzioni tra giornalismo, intrattenimento e pubblicità, “Mercanti di verità” è una lettura molto istruttiva, e a tratti angosciosa. Questo vale soprattutto per chi si rende conto che i processi in corso non riguardano soltanto gli Stati Uniti. Qui in Italia non abbiamo ancora avuto casi clamorosi di nuovi media gestiti in modo spregiudicato come Vice e BuzzFeed, capaci di orientare il dibattito sociale e politico del paese. Però gli algoritmi di Facebook che hanno fatto la loro fortuna sono all’opera anche da noi, e ogni giorno sui giornali online compaiono centinaia di articoli e di video acchiappa like, volutamente privi di contenuto, ma in grado di influenzare il lettore facendo leva sulle sue emozioni. Che, esattamente come i suoi gusti, i suoi hobbies e le sue preferenze politiche, vengono costantemente monitorati da software sofisticatissimi.
E che dire delle fake news? Nonostante gli sforzi dei Salvini di turno non sembrano per il momento troppo pervasive, ma è solo questione di tempo, come dimostra la descrizione di quel che è avvenuto negli Stati Uniti durante la campagna elettorale vittoriosa di Donald Trump.
E veniamo alla parte cattiva. Negli Stati Uniti “Mercanti di verità” non ha avuto una buona accoglienza. Ci sono state alcune accuse di plagio che hanno costretto l’autrice a modificare parti del testo e contestazioni sull’accuratezza di alcune ricostruzioni, troppo influenzate dal suo diretto coinvolgimento nei fatti. Ma una parte del fascino del libro consiste proprio nella capacità di Jill Abramson di portare il lettore dentro la macchina delle redazioni e dei meccanismi giornalistici e imprenditoriali che le reggono.
Dunque, perdoniamole alcune sbavature e ascoltiamo quello che ha da dire, anche se, da giornalista, non sarei stato particolarmente contento di lavorare alle sue dipendenze.
Battista Gardoncini