L’Italia occulta di Giuliano Turone

Consolatevi. Se i panini di Salvini vi danno il voltastomaco, se tra i discorsi di Di Maio e le battute di Lercio non riuscite a trovare differenze apprezzabili, e se non capite  gli oscuri meccanismi che hanno trasformato l’ex portaborse di Confindustria Calenda in un campione del centro-sinistra, sappiate che in Italia ci sono stati anni molto peggiori di questi.

Ad esempio, il triennio 1978-1980, magistralmente raccontato da Giuliano Turone, nell’ “Italia occulta, dal delitto Moro alla strage di Bologna, il triennio maledetto che sconvolse la repubblica”, appena pubblicato da Chiare Lettere.

Turone era il giudice istruttore milanese che, insieme al collega Gherardo Colombo, il 17 marzo 1981 fece perquisire gli uffici di Licio Gelli e scoprì gli archivi segreti della loggia massonica P2. Tra gli iscritti c’erano generali, magistrati, giornalisti, politici, capi dei servizi segreti, imprenditori, banchieri. Il loro scopo, come apparve chiaro alla commissione d’inchiesta presieduta da Tina Anselmi, era quello di modificare la costituzione, colpire i sindacati, e tenere i comunisti, allora in grande ascesa, lontani dal potere.

Per raggiungere gli obiettivi la P2 non si era fermata di fronte a nulla, e basta leggere uno dopo l’altro i titoli dei capitoli del libro per rendersene conto. Dal caso Moro alla strage di Bologna, passando per i tentativi di colpo di stato e la guerre di mafia, gli attentati terroristici e i depistaggi, non vi è episodio controverso nella storia italiana di quegli anni che non ebbe tra i protagonisti in negativo gli uomini della loggia coperta messa in piedi dal “burattinaio” Gelli, che secondo Turone  agiva in nome e per conto di una struttura ancora più nascosta, aveva rapporti con  uomini politici di primissimo piano – i nomi di Andreotti e Cossiga ritornano spesso nella narrazione – e importanti legami internazionali. 

Nell’  “Italia occulta” non si trovano rivelazioni sconvolgenti sui singoli episodi, già noti a livello generale a chi ha vissuto quegli anni. E’ il  quadro complessivo che colpisce, con la impietosa descrizione che Turone fa di un paese malato, dove chi si batteva per la legalità e la giustizia fu  isolato e a volte ucciso, dove l’intreccio fra la politica e la criminalità, fra le istituzioni e la illegalità, tra il potere ufficiale e il potere occulto fu talmente stretto da non avere l’eguale  in Europa. Ed è meritorio il suo lavoro certosino di ex magistrato avvezzo ad indagare, che fa un ampio uso degli atti giudiziari e delle sentenze, e, dove ancora esistono problemi aperti e dubbi, si affida a documenti, memorie, e testimonianze individuali. Un lavoro non facile, “perché – spiega Turone – questo pezzo di storia è stato volutamente reso il più possibile oscuro, sibillino, indecifrabile ai cittadini normali; costellato da una quantità esorbitante di segreti e di vere e proprie bugie per opera di ambienti e personaggi che in modo interessato e cinico hanno perpetrato un mastodontico furto di consapevolezza ai danni dei cittadini”.

Non c’è risposta nel libro alla domanda che sorge spontanea, e cioè se L’Italia di oggi sia  ancora un paese così gravemente ammalato. Ma il fatto che sia stato dedicato “a chiunque si senta parte lesa di quel furto” e in particolare alla giovani generazioni che si sentono in qualche modo danneggiate da quella sottrazione di coscienza storica è per molti versi già una risposta.

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