Ebbene sì, lo ammetto. In tutta questa vicenda c’è qualcuno che mi disgusta più di Renzi. In fondo lui è soltanto un sicario prezzolato. Avviato com’era a una ingloriosa fine politica, ha fatto quello che gli hanno chiesto di fare e ha giocato l’ ultima carta per tornare al centro della scena. Ma che dire delle folte schiere di commentatori e opinionisti che per molti mesi hanno lavorato per spianare la strada di Mario Draghi verso la presidenza del consiglio? Sono sempre i soliti, maestri nel fingere di litigare su qualsiasi argomento per alimentare il quotidiano teatrino della politica. Questa volta però, con oltre duecento miliardi in arrivo dall’Europa, gli ordini di scuderia erano diversi, e sono scesi in campo in formazione compatta, utilizzando tutti gli stessi argomenti: il prestigio internazionale dell’uomo, la qualità degli studi, il rigore morale, la tempra di combattente e via slinguazzando. Dopo una sua lunga e noiosa intervista comparsa qualche tempo fa sul Financial Times sono addirittura riusciti a lodarlo per l’impegno civile, dimenticandosi che era il presidente della BCE quando la Grecia fu affamata tagliando i fondi al sistema creditizio, e quando l’Italia fu ruvidamente invitata a intervenire in modo drastico per ridurre il disavanzo, senza troppo badare ai costi sociali da pagare.
In un paese come il nostro, dominato in quasi tutti i settori da mediocri arrivisti, le qualità professionali di Draghi sono indiscutibili. È stato un brillante economista e un competente tecnocrate, uno dei principali rappresentanti dell’establishment finanziario che ha governato l’Europa nel segno del più sfrenato liberismo, privatizzando i servizi, tagliando il welfare e comprimendo i diritti dei lavoratori. Un passato difficile da cancellare con un tratto di penna, ma a quanto pare molti tratti di penne diverse, tutti uguali nella sostanza e ripetuti per un adeguato lasso di tempo, possono fare il miracolo.
Gli ammiratori di Draghi ricordano che nel 2012 salvò l’euro con il celebre discorso del “Whatever it takes”, dove annunciava un pesante intervento della BCE sui mercati per arginare la speculazione internazionale. Quel “costi quello che costi” fu in effetti coraggioso e per certi versi irrituale. Ma aveva l’obiettivo di salvare un sistema conservando il potere nelle mani di chi già ce l’aveva, non di riformarlo. E temo che anche questa volta sarà così.
Battista Gardoncini