L’evidenza dei fatti

Lombardia in zona rossa per un errore di calcolo. Prima era colpa del governo. Adesso, inchiodato dalle carte che attribuiscono l’errore alla sua amministrazione, l’ineffabile Fontana accusa l’algoritmo, e insieme agli altri presidenti di regione leghisti chiede una revisione dell’intero sistema. In pratica ne vorrebbe uno a prova di idiota, e tutto sommato, avendolo visto all’opera, non possiamo dargli torto.

Di questa grottesca vicenda non varrebbe neppure la pena di parlare. In fondo nella gestione dell’emergenza Covid la Lombardia  ha fatto di peggio. Però il modo in cui storia è stata raccontata la dice lunga sullo stato della informazione in Italia, e merita qualche riflessione.  

Ci sono voluti parecchi giorni, infatti, perché alcuni giornalisti  – non tutti – si mettessero alla ricerca delle carte che sole potevano fare  chiarezza sui torti e sulle ragioni. Non era facile trovarle, trattandosi di documenti ufficiali e di scambi di mail tra funzionari. Ma sono state pubblicate troppo tardi per modificare nell’opinione pubblica la percezione delle cose, e si è addirittura arrivati all’assurdo di un importante quotidiano che dava alla pubblicazione dei documenti lo stesso risalto di una delirante conferenza stampa di Letizia Moratti che li smentiva. Un incidente di percorso tipico di un giornalismo che non vuole prendere posizione, e ai fatti preferisce le dichiarazioni dei personaggi coinvolti, anche quando sono contraddittorie. Una scelta cara a chi difende l’insostenibile mito della oggettività, e soprattutto comoda perché, come in questo caso,  bastano due telefonate: una alla regione che accusa il governo, l’altra al governo che accusa la regione. E pazienza se alla fine i lettori disorientati  si convincono che tutte le opinioni sono uguali e smettono di comperare i giornali perché  “tanto sono inutili”.

Un tempo si diceva che per essere dei buoni cronisti bisognava consumare la suola delle scarpe, come hanno fatto i pochi colleghi che hanno ostinatamente lavorato per accertare la verità, sbugiardando Fontana con l’evidenza delle cose.  Il consiglio è ancora valido, anche se non è facile seguirlo. Incatenati al desk e perennemente in affanno per rincorrere i tempi della rete, molti giornalisti sembrano rassegnati e si adeguano all’andazzo. 

Per raccogliere una dichiarazione basta un registratore. Per confermarla, smentirla o anche semplicemente spiegarla nel suo giusto contesto, servono veri giornalisti, con tutto il loro bagaglio di idee, cultura ed esperienza. Serve consapevolezza del ruolo fondamentale dell’informazione in una società democratica. Servono il  tempo e il denaro, che molti editori sacrificano sull’altare dei bilanci.

Difendere la buona informazione non è soltanto un imperativo morale. E’ anche un modo per salvare posti di lavoro qualificati e uscire dallo stato comatoso del giornalismo, che in Italia è particolarmente evidente.

Battista Gardoncini

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