Nelle drammatiche giornate che stiamo vivendo non ci sono soltanto le preoccupazioni per il futuro, l’angoscia per le vittime del coronavirus e l’ammirazione nei confronti dei tanti che in prima linea si battono per contenere l’infezione. C’è anche un po’ di indignazione per l’inadeguatezza di alcuni personaggi che la crisi ha portato alla ribalta, per la stupidità di alcuni comportamenti, e per un sistema dei media che affastella dichiarazioni e commenti ma non riesce – o forse non sa – distinguere tra la realtà e l’apparenza.
Al primo posto della mia personale classifica c’è il presidente della regione Lombardia Attilio Fontana. Guida una regione che la sua parte politica amministra ininterrottamente dal 1994, vantando l’efficienza di un servizio sanitario quasi per intero affidato alla iniziativa privata. Ora che quel sistema è sull’orlo del collasso si lamenta a reti unificate delle colpe del governo, invoca quel rigore che fino a pochi giorni fa considerava ingiusto e penalizzante, e chiede aiuto a uno stato che ha sempre criticato. Lo ha avuto e lo avrà, perché non è giusto che le colpe dei tagli selvaggi nel settore pubblico e dei tanti errori commessi ricadano su cittadini innocenti. Nessuno pretende che nell’ora dell’emergenza Fontana trovi il tempo per ricredersi, e ammetta che la logica del profitto può forse reggere quando le cose vanno bene, ma non funziona quando il metro di giudizio diventa il bene comune. Però potrebbe avere il buon gusto di tacere, e di impiegare almeno una parte del tempo che dedica a polemizzare con Conte per fare quello che compete al suo ruolo, ad esempio rifornendo gli operatori sanitari di mascherine adeguate, senza ripetere l’errore di ordinarle in ritardo e a un fornitore sbagliato.
La decisione di Fontana di richiamare in servizio un personaggio come Guido Bertolaso, reduce dai disastri del terremoto, per costruire una nuova ala ospedaliera nel campo sportivo della clinica privata San Raffaele ha avuto una grande risonanza mediatica. Ben vengano nuovi letti per le terapie intensive, anche se per il momento resta nel vago il problema degli uomini per farli funzionare. Ma sarebbero utili anche approfondite riflessioni sui motivi che hanno fatto della Lombardia l’epicentro del contagio italiano. Alcune sono arrivate da parti non sospette di pregiudizio politico. Andrea Crisanti, uno degli epidemiologi che hanno collaborato con la giunta regionale veneta, guidata da un leghista di ben diversa levatura come Luca Zaia, è stato molto chiaro: i numeri dei contagi e delle vittime dimostrano che l’epidemia si può battere soltanto con il contenimento e con il monitoraggio dei positivi, ed è qui, secondo Crisanti, che andrebbero concentrate le risorse, come si sta facendo in Veneto. I dettagli li trovate qui , ma è chiaro che una ricetta di questo tipo non sia particolarmente appetibile per chi fin dall’inizio della crisi ha puntato tutto sulle dichiarazioni ad effetto e sulla propaganda.
Si spera che quando l’emergenza finirà anche questi nodi vengano al pettine, e che qualcuno paghi il conto. Si spera, ma purtroppo non è detto.
Battista Gardoncini
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Ecco i risultati della politica privatistica di Formigoni e di Craxi prima,eliminando lacci e lacciuli per fare spazio ai privati nella sanita.