Il dilemma del rischio

Dal profilo Facebook di Stefano Lo Russo, capogruppo PD in consiglio comunale a Torino, arriva questa interessante riflessione sulle motivazioni che spingono chi è incaricato di un qualsiasi pubblico servizio, come ad esempio l’attuale emergenza sanitaria, a prendere misure drastiche e a volte superiori al necessario. La riprendiamo qui con il consenso dell’autore.

Nel nostro Paese il quadro ordinamentale per chi, incaricato di pubblico servizio, deve gestire le emergenze, naturali o antropiche, induce naturalmente a prendere misure di precauzione che in molti casi si rivelano poi superiori o molto superiori al necessario.

Credo che ci sia un perché di fondo. Questo accade perché nei fatti da noi non esiste il concetto di “rischio accettabile” ma tutto l’ordinamento giuridico è improntato all’obbligo della ricerca del “rischio zero” che, in realtà, sotto il profilo squisitamente tecnico, non esiste. O meglio esiste solo alla rimozione completa che l’evento a rischio possa esserci. Il rischio che io muoia sull’aereo su cui sto volando lo annullo, lo porto a zero, solo se io non salgo sull’aereo. Ovviamente il rischio per me, non in sé che l’aereo precipiti. Altrimenti se salgo su un aereo decido implicitamente di assumermi il rischio, a prescindere da cicli di manutenzione, età del velivolo, condizioni meteo, ecc. ecc.

Sono pieni i tribunali di persone finite nei guai giudiziari (attenzione loro personalmente, non i loro enti) perché, nell’esercizio delle loro funzioni pubbliche, secondo il nostro ordinamento non hanno adottato “tutte” le precauzioni “possibili” e si è verificato un incidente. Gestori di strade, ferrovie, porti, presidi di scuole, amministratori di condominio, giostrai, ecc. ecc. la lista degli incidenti e dei casi è praticamente infinita.

Questo elemento fa sì che chi si trova a dover prendere decisioni per il ruolo pubblico che ricopre in quel momento sia naturalmente indotto, anche per una propria tutela giuridica penale e civile presente e futura di cui risponde lui in solido e non il suo ente, nel dubbio, a determinare misure di salvaguardia drastiche completamente a prescindere dal loro impatto sociale, economico o politico di cui può disinteressarsi e per le quali di fatto non viene perseguito ma al limite, in caso di eccessi, solo criticato.

Nel dubbio proibisco, sennò ci rimetto io un domani se dovesse mai succedere qualcosa.

Giusto? Sbagliato? Rischio “accettabile” e rischio “nullo”: questo sì che sarebbe un bel tema di dibattito politico, tecnico e giuridico.

Stefano Lo Russo

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