Nessuno può dire oggi quando e se finirà l’emergenza coronavirus. E’ anche possibile che il virus non scompaia del tutto: rallenterà la sua corsa, ma probabilmente dovremo imparare a conviverci, individuando in fretta i nuovi focolai, cercando di contenerli con adeguate misure di prevenzione e magari attrezzando qualche letto di terapia intensiva in più per chi avrà la sfortuna di ammalarsi. Del resto è quello che è accaduto con un’altra zoonosi, la Sars, e accade ancora oggi con Ebola e Mers , che sono sempre lì, e continuano a mietere vittime di cui il ricco Occidente preferisce non parlare.
In Italia i primi timidi segnali di un miglioramento della situazione hanno risvegliato il cane dormiente della peggiore politica, quella che non propone soluzioni ai problemi della collettività, ma è interessata soltanto ai giochi di potere che le garantiscono la sopravvivenza. Il tiro al bersaglio nei confronti del presidente del consiglio Conte e della sua maggioranza è ripartito, e nei giri che contano il nome di Mario Draghi è tornato a circolare con insistenza quale possibile guida di un governo di unità nazionale. La tesi che viene sostenuta con sospetta coincidenza di modi e di tempi dal giornale della confindustria e dai soliti commentatori di complemento è che soltanto una personalità forte come Draghi e un paese unito avrebbero la credibilità necessaria per rilanciare l’economia e quindi il paese. Tutti insieme appassionatamente, dunque, dimenticando gli errori del passato, a cominciare dalle privatizzazione selvagge che hanno messo in ginocchio il sistema sanitario nazionale, e riportando in auge irresponsabili del calibro dell’ex ministro dell’interno Salvini e dell’ex presidente del consiglio Renzi.
Non è detto che l’operazione riesca. Tutto sommato Conte sta gestendo bene una crisi epocale. Ha accettato i consigli degli scienziati, non ha sottovalutato i problemi come fino a poco tempo fa hanno fatto Trump, Johnson e Macron, non ha ceduto alle pressioni interessate di alcuni politici locali, e ha dimostrato fermezza nei confronti di un’Europa poco propensa a fare fronte comune per uscire dalla crisi. Può avere commesso qualche errore, ma la maggioranza degli italiani ha dimostrato di apprezzare i suoi sforzi. Lo ha sentito vicino, anche per la pacatezza nei modi e nello stile della comunicazione, così diversi dal linguaggio della politica tecnocratica di cui Draghi, nonostante gli indubbi meriti personali, ha fatto parte.
La partita è aperta, ma il nome del vincitore non è così importante. Siamo alle prese con una pandemia molto vicina alla “Next Big One” prevista da alcuni scienziati, preoccupati da fattori generali come la sovrappopolazione, la zootecnia e il cambiamento climatico. Possiamo far finta di niente, sperare che passi e rimetterci a correre come si è sempre fatto, alla ricerca del profitto e inseguendo il falso obiettivo dello sviluppo per lo sviluppo. Oppure imparare qualcosa dalle attuali difficoltà, e scegliere un’altra strada, più difficile e tutta da inventare.
Battista Gardoncini
2 comments
Ho letto. Sai benissimo che per imparare e mettere a fattor comune per il bene di tutti questa terribile lezione ci vuole una classe dirigente con una visione. spero che tutti quanti faremo lo sforzo di individuarla tra le pieghe dei partiti e della società, in noi stessi.
Sono d’accordo, ma all’orizzonte si vedono i soliti furbetti, appoggiati dai soliti giornali.