Grottesche esternazioni

Non so come finirà l’iter processuale che vede accusato di sequestro di persona Matteo Salvini per la vicenda della nave Gregoretti, e tutto sommato nemmeno mi interessa, così come non mi hanno appassionato le schermaglie procedurali attorno al voto del senato che ha dato il via libera ai magistrati di Catania. Ma penso che si possano serenamente definire grottesche le sue ultime esternazioni. E credo che perfino tra i suoi sostenitori ce ne siano alcuni che si sentono un po’ a disagio.

Partiamo dall’inizio, da quella nave della marina militare italiana che il 25 luglio scorso aveva preso a bordo 141 persone salvate da un peschereccio e da un pattugliatore della guardia costiera, entrambi italiani, e che si vide negare un porto sicuro da Salvini, allora ministro dell’interno e nel pieno del delirio di onnipotenza che caratterizzò la sua breve esperienza di governo.  Sei naufraghi in pessime condizioni di salute furono fatti sbarcare a Lampedusa. Il 29 luglio fu consentito lo sbarco di 15 minori, ma tutti gli altri sbarcarono soltanto in 31 luglio, e furono smistati tra alcuni paesi europei e nei centri della Conferenza Episcopale Italiana. La Gregoretti non era attrezzata per ospitare tante persone, non aveva servizi igienici adeguati e i naufraghi, tra cui c’erano alcuni casi di scabbia, rimasero per giorni sul ponte della nave, esposti alla calura del giorno e al freddo della notte.

Con il montare delle polemiche Salvini, che in un primo momento aveva rivendicato la decisione di impedire lo sbarco, si difese dicendo che la sua scelta era condivisa dall’intero governo, ma fu smentito dal presidente del consiglio Conte. Di qui l’accusa di avere abusato dei suoi poteri e di avere privato della libertà personale 131 persone. Oggi – e qui scatta il grottesco – torna ad assumersene la responsabilità e spiega di avere agito così per “difendere i confini del paese, la sua terra e la sua gente”, dimenticandosi del fatto inoppugnabile che quella nave era italiana e italiano era il suo equipaggio. Quanto ai passeggeri, ammesso e non concesso che rappresentassero un pericolo per il paese, nulla avrebbe impedito un intervento dopo lo sbarco. 

Non contento, e senza tenere conto delle preoccupazioni dei suoi avvocati, Salvini ci informa poi che sarà sicuramente assolto e che appena tornerà al governo rifarà esattamente le stesse cose. Attendo con curiosità la prossima giravolta.

Qualcuno potrebbe pensare che il nostro ex ministro dell’interno abbia il cuore duro, perché sembra credere che sette giorni  in mare in quelle condizioni, per gente abituata ad attraversare a piedi l’Africa e farsi picchiare nei lager libici, non siano poi così terribili. Ma non è così. Anche lui è capace di commozione, soprattutto quando ad essere marginalmente coinvolta nella vicenda è la sua famiglia. Qualche mese fa aveva intimato a un videomaker di Repubblica, che ne aveva ripreso uno mentre scorrazzava a bordo di una moto d’acqua della polizia, di “lasciare stare i suoi figli”. Ed è tornato sull’argomento nelle ore roventi del dibattito in senato per l’autorizzazione a procedere. “Chi mi attacca – ha detto sfidando il ridicolo – forse non ha un figlio come il mio che prima di andare a scuola mi ha mandato un messaggio per darmi forza” E ha rincarato la dose spiegando di essere dispiaciuto non  per sé, ma per i suoi figli “che domani leggeranno sul giornale che il papà è un delinquente”.

In attesa che i giudici decidano  se lo è o non lo è, non resta che sperare nel buon senso degli italiani. Ci innamoriamo troppo spesso delle grottesche esibizioni del buffone di turno, ma siamo anche feroci  quando lo buttiamo giù dal piedistallo. E qualche segnale in questo senso sta forse arrivando.

Battista Gardoncini

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