Più cresce nel gradimento degli italiani, più Giuseppe Conte dà fastidio. Purtroppo, non soltanto agli avversari politici dichiarati, come Matteo Salvini e Giorgia Meloni, ma anche a parecchi esponenti della sua maggioranza.
L’avversione di Matteo Renzi è nota. Uno come lui, che da molti anni non ne imbrocca una, vede come il fumo negli occhi un oscuro professore privo di esperienza politica che gli ruba la scena e cresce nei sondaggi ogni volta che apre bocca. Ma Renzi è innocuo, perché non gli danno più retta neanche le nullità a caccia di posti che lo hanno seguito nell’avventura di Italia Viva.
Preoccupano di più gli altri, meno espliciti, ma non meno determinati ad arrivare a una resa dei conti. In prima fila ci sono quelli che si sono entusiasmati per una intervista di Mario Draghi al Financial Time, dove l’ex presidente della banca Centrale Europea ha detto che l’Europa deve fare fronte comune per combattere la crisi e che per farlo è necessario un significativo cambiamento di mentalità al pari di quello operato in tempo di guerra. In sostanza, accettando l’idea, fino a pochi mesi considerata eretica anche dallo stesso Draghi, di un significativo aumento del debito pubblico. Da queste giuste e tutto sommato ovvie considerazioni, è partita con sospetta sollecitudine una campagna di stampa dei grandi organi di informazione che hanno individuato in Draghi l’uomo giusto per guidare un nuovo governo, sostenuto da tutte le forze politiche responsabili, e “quindi” in grado di di dialogare con maggiore autorevolezza con l’ Europa.
Su quel “quindi” ci sarebbe molto da dire. Ad esempio si dovrebbe spiegare perché un governo sostenuto dai sovranisti Salvini e Meloni dovrebbe piacere all’Europa più di quello attuale. Ma soprattutto si dovrebbe spiegare che cosa ci sia di sbagliato nell’atteggiamento tenuto finora dall’Italia nelle trattative con una Europa incerta sul da farsi e divisa al suo interno. Conte e i suoi ministri sono stati troppo duri o troppo molli? Hanno detto troppo o hanno taciuto? Hanno sbagliato, e – se sì – dove?
Nessuno si è degnato di rispondere a queste ovvie domande. In compenso, proprio in queste ore, alcuni organi di informazione si stanno virtuosamente indignando perché il presidente del consiglio, nel corso di una conferenza stampa convocata per annunciare la proroga delle misure restrittive fino al tre maggio, si è tolto un sassolino dalla scarpa e ha accusato Matteo Salvini e Giorgia Meloni per le menzogne che secondo lui i due compari stanno diffondendo sull’operato del governo.
Dimentichi delle tante bufale che ogni giorno diffondono in televisione, sui giornali e sul web, Salvini e Meloni hanno gridato al golpe e sono andati a lamentarsi con il presidente della repubblica Mattarella. Viene da ridere, ma è comprensibile.
Meno comprensibile è il fuoco amico che è arrivato dal centro sinistra. Per alcuni Conte è stato “inopportuno”, per altri “irrituale”, per altri ancora “ingenuo”. Un noto giornalista televisivo, con una audace interpretazione della deontologia professionale, si è spinto a dire che se ne avesse conosciuto in anticipo il contenuto non avrebbe mandato in onda la conferenza stampa. Alcuni hanno detto di essersi sentiti a disagio, e hanno invitato a immaginare la stessa cosa a parti invertite, con Salvini al posto di Conte. Purtroppo l’immaginazione non serve. Pochi mesi fa, fasciato nelle sue felpe multicolori, Salvini andava in onda tutti i giorni a reti unificate vomitando insulti non soltanto sugli avversari politici, ma anche su semplici cittadini che non gli andavano a genio.
In questi giorni difficili Conte e il suo governo sono stati lasciati troppo spesso soli, basti pensare all’enorme rilievo che il sistema dei media ha dato e continua a dare ad alcuni inetti politici locali, più impegnati a polemizzare con il governo centrale che a combattere il virus, o alla scarsa attenzione che qui da noi è stata data ad alcune importanti dichiarazioni del presidente del consiglio, impegnato nella complessa partita europea, alla stampa internazionale. Se i partiti dell’attuale maggioranza fossero stati più solleciti e puntali nel controbattere alle scomposte accuse delle opposizioni probabilmente Conte non avrebbe sentito il bisogno di difendersi da solo. Ma non è accaduto, e c’è da chiedersi se si è trattato di scarsa attenzione, di congenita incapacità nel comunicare, o di qualcosa di peggio.
Battista Gardoncini