Contento dell’errore

Sono contento di essermi sbagliato. Stefano Lo Russo ha stravinto il ballottaggio con Paolo Damilano, dimostrando con i fatti che i miei dubbi sulla sua politica di chiusura assoluta nei confronti dei Cinque Stelle erano ingiustificati. E sarà sicuramente un buon sindaco, forte della esperienza amministrativa maturata in tanti anni di gavetta e della capacità di lavoro che tutti gli riconoscono. 

Damilano ha scoperto a sue spese che non bastava presentarsi come un uomo nuovo e ha  mostrato qualche limite personale, assumendo posizioni ondivaghe su alcuni argomenti cruciali della campagna elettorale. Ma soprattutto ha pagato le scelte politiche nazionali dei partiti che lo hanno sostenuto, e che qui a Torino non sono mai andati troppo bene. Non è certo un caso che al primo turno la sua lista personale abbia ottenuto più voti di Fratelli d’Italia e della Lega.  

La disfatta di Salvini e Meloni è stata totale, perché hanno perso tutte le grandi città italiane e molte delle loro roccaforti in provincia. Questo dovrebbe indurre la destra a ripensare alcune delle sue strategie più becere, efficaci nelle piazze virtuali, ma non nelle urne. E forse la Lega dovrebbe rimettere in discussione il suo usurato “capitano”. Zaia è da tempo pronto in panchina.

Vedremo nei prossimi mesi, perché la scadenze non mancano, prima fra tutte l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Ed è qui che per il centro-sinistra trionfante si porrà ancora una volta la questione dei Cinque Stelle, che sono usciti fortemente ridimensionati dal voto e hanno perso Roma e Torino. Ma conservano tutta la loro forza parlamentare, decisiva nella partita della presidenza.  

Nelle scorse settimane Letta e Conte hanno cercato faticosamente di tessere la tela di una alleanza che molti nel PD, a cominciare dal neosindaco di Torino Lo Russo, vedono come il fumo negli occhi. La tentazione di fare da soli, convinti che alla fine i voti persi dai Cinque Stelle torneranno all’ovile, è forte. Ma continuo a pensare che sarebbe un errore. Non fosse altro che per l’astensionismo record che ha caratterizzato queste elezioni. Quando metà del corpo elettorale non si sente rappresentato dalle forze in campo è forse il caso che il PD, in quanto partito trainante del centro sinistra, eviti di adagiarsi sugli allori e immagini qualcosa di nuovo. Prima che ci pensi qualcun altro.

Battista Gardoncini

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