Guardatele bene queste immagini di una miniera sulle montagne congolesi. Perché quelle che a un occhio occidentale potrebbero sembrare condizioni di vita durissime sono in realtà la dimostrazione che una realtà diversa è possibile, che si può avere un coltan senza sangue.
Con oltre 11 milioni di morti in combattimento, per la fame, le malattie, le disumane condizioni di lavoro che coinvolgono anche bambini di sei-sette anni, la guerra del coltan devasta da oltre vent’anni il Congo, uno dei paesi più poveri del mondo nonostante le enormi ricchezze che si nascondono nel sottosuolo. Le miniere della parte orientale, contese tra il governo e bande di mercenari al servizio dei signorotti locali perché le distanze e la mancanza di vie di comunicazioni le rendono quasi inaccessibili, producono l’ottanta per cento di questo minerale diventato indispensabile per l’industria elettronica.
Il coltan è una miscela di due ossidi, la columbite e la tantalite, ed è quest’ultima in particolare a fare gola. Resistente alla corrosione, buon conduttore di calore e elettricità, il tantalio che se ne ricava viene utilizzato nei cellulari, nei computer, nelle videocamere, nella produzione di lenti e di leghe speciali per le protesi. E al ricco occidente è sempre convenuto chiudere gli occhi sulla sua provenienza.
Qualcosa però si sta muovendo. Seguendo l’esempio degli Stati Uniti anche l’Europa ha approvato una direttiva che prevede la tracciabilità dei minerali provenienti dalle aree calde del pianeta. In pratica le imprese europee dovrebbero garantire informazioni “su tutte le misure prese per identificare e risolvere i rischi connessi alla loro catena di approvvigionamento”. È un risultato positivo, frutto anche dell’azione della società civile europea. Ma il suo pieno recepimento al livello dei singoli stati è fortemente osteggiato dalle lobby industriali, perché aumenterebbe i costi per le imprese europee, già in difficoltà per la crisi economica, e le porrebbe fuori dal mercato.
Il video che vi abbiamo proposto è stato realizzato da Misereor, una organizzazione cattolica tedesca, e documenta l’attività della piccola miniera di coltan di Fumgamwaka. E’ di particolare interesse perché l’insediamento è considerato una “miniera pulita”, dove non ci sono bande armate che taglieggiano i minatori e il lavoro minorile è bandito. Le condizioni sono dure e il guadagno è poco, ma equamente distribuito. Secondo Misereor, è la miniera è un esempio di quello che si potrebbe ottenere se tutti rispettassero le regole, e se l’occidente accettasse di accollarsi in minima parte i costi dei diritti civili dei minatori.