Carlsen l’antipatico

Il mondo degli scacchi è in subbuglio. Nella Sinquefield Cup di Saint Louis, uno dei tornei di gioco classico più importanti dell’anno, il campione del mondo Magnus Carlsen era stato sconfitto al terzo turno da Hans Niemann, un americano diciannovenne che era stato ammesso al torneo come wild card ed era considerato il più debole dei partecipanti. Subito dopo si era ritirato dal torneo senza degnarsi di spiegare il motivo, limitandosi a un sibillino tweet corredato da un video dove l’allenatore di calcio Mourinho dichiarava di non voler commentare un qualche episodio calcistico di cui si è persa la memoria “per non finire in guai peggiori”. Un modo come un altro per accusare Niemann di aver barato con il ricorso a qualche aiuto esterno, senza però pagare le conseguenze di una accusa non corroborata da alcuna prova certa. Grande il clamore, ma la Sinquefield Cup era poi andata avanti fino alla vittoria di un altro giovanissimo, l’iraniano naturalizzato francese Alireza Firouzja, mentre Niemann si era piazzato al sesto posto sui nove partecipanti rimasti. Un risultato per lui buono, ma sicuramente non eccezionale.

Non pago di quello che aveva fatto, forse convinto che a un campione del mondo in carica si perdona tutto, Carlsen ha rincarato la dose due giorni fa. Nuovamente opposto a Niemann nella Generation Cup che si sta giocando on-line a cadenza rapida, ha abbandonato senza spiegazioni dopo la prima mossa. Di fatto, accusando in modo implicito per la seconda volta il rivale di barare. Anche questa volta, senza lo straccio di una prova. 

Il cheating – e cioè l’uso illecito di un computer per analizzare le mosse – è diventata una piaga in molti tornei, soprattutto quando si svolgono on line. Per combatterla le piattaforme di gioco hanno elaborato sistemi sofisticati, che analizzano in tempo reale le mosse dei partecipanti e segnalano quando le sequenze di mosse sono uguali a quelle proposte dai computer, che negli ultimi anni sono diventati praticamente imbattibili. Anche performance anomale, troppo al di sopra di quelle medie di un giocatore, finiscono sotto la lente di ingrandimento. Ed è vero che parecchi anni fa un Niemann bambino fu sospeso per qualche mese da una nota piattaforma e ammise di avere barato per progredire in fretta e confrontarsi con avversari più forti. Ma da allora è passato molto tempo. Niemann è diventato un grande maestro giocando migliaia di partite a tavolino e studiando dodici ore al giorno, ed è passato al professionismo. E nessuno mai ha visto nella sua ascesa qualcosa di sospetto. Perfino uno dei migliori allenatori del mondo, il norvegese Jacob Aagaard, che lo ebbe come allievo per qualche tempo, esclude che abbia cercato facili scorciatoie. 

L’ultima parola, se non definitiva almeno molto autorevole, è stata detta oggi da Ken Regan, un matematico esperto nell’uso dei computer che è anche un maestro internazionale di scacchi. In questo articolo pubblicato su Chessbase.com ha analizzato tutte le partite giocate da Niemann negli ultimi anni, comprese quelle della Sinquefield Cup, e non ha trovato traccia di cheating. “Anche nella partita che ha vinto contro Carlsen a Saint Louis – ha spiegato Regan – Niemann ha giocato bene, ma non “troppo” bene”. 

E allora? Forse le parole più giuste le ha trovato un altro grandissimo campione, l’armeno naturalizzato statunitense Levon Aronian, una delle persone più stimate nell’ambiente scacchistico. “A questi livelli – aveva commentato dopo il primo fattaccio – siamo tutti un po’ paranoici”. E dopo il secondo ha detto di capire la frustrazione del campione del mondo, perché il giovane Niemann non si era comportato bene in precedenza nel gioco on-line, ma, appunto, era molto giovane. “Adesso spero che abbia capito la lezione – ha concluso Aronian –  e che non faccia più certe cose”.

Si vedrà. Certo è che se Niemann è innocente – e tutto fa pensare che lo sia – Carlsen meriterebbe una qualche forma di sanzione da parte delle federazione internazionale degli scacchi. Simpatico non è stato mai, ma distruggere la reputazione di un avversario senza avere il coraggio di farlo apertamente – e senza prove – è un’altra cosa.

Battista Gardoncini

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