Il PD non è più il mio partito, e dunque non ho votato per le primarie. Però sono contento che Elly Schlein abbia vinto. Meglio lei di Bonaccini, uomo di apparato ed ex sodale di Renzi. E pazienza se le prime quattro parole dai lei pronunciate dopo la vittoria mi hanno infastidito. In quel “care tutte e cari tutti”, peraltro ribadito in molte altre occasioni durante la battaglia congressuale, molti hanno visto il segno del nuovo che avanza sul piano dei costumi e del rapporto tra i sessi. A me è suonato retorico, l’ennesimo segno di una debolezza di fondo della sinistra, troppo innamorata delle sue battaglie linguistico-identitarie per capire i bisogni veri delle persone. Non mi pare che lo schwa sia uno degli argomenti più dibattuti tra i banchi del mercato. Però sono vecchio e potrei sbagliarmi.
Una cosa però mi sembra chiara. La vittoria di Schlein contro i pronostici e anche contro il suo partito – che nella prima fase del voto le aveva preferito Bonaccini – ha dimostrato che oggi le elezioni non si vincono convincendo gli indecisi, ma portando a votare gli scontenti e gli astensionisti. A suo tempo Obama diventò presidente degli Stati Uniti mobilitando i neri che tradizionalmente non partecipavano al voto. Schlein ha fatto tesoro di quell’insegnamento, e ha puntato tutto sui non iscritti. Non ha elaborato una proposta politica, e anzi l’ha volutamente lasciata nel vago. Però ha saputo resuscitare la speranza di un cambiamento del PD in cui molti non credevano più.
Il rischio è che questa speranza, in assenza di fatti concreti, venga meno. Una donna giovane alla guida di un partito importante è una buona cosa, ma potrebbe non bastare senza risposte chiare sulla crisi ucraina, sulla collocazione dell’Italia in Europa e nel mondo, sulle scelte di politica economica, sui problemi del lavoro e sulla difesa del welfare. Tutti temi che in passato il PD non ha affrontato o addirittura ha affrontato in aperto contrasto con il comune sentire dei suoi elettori, confondendo il riformismo con il liberismo e la difesa della democrazia con l’atlantismo più sfrenato.
Personalmente dubito che queste risposte possano arrivare se il PD, a dispetto dei tanti rovesci elettorali, insisterà nel ritenersi l’unico titolato a rappresentare la sinistra in Italia, e continuerà a considerare avversari da combattere i Cinque Stelle, che Giuseppe Conte sta gradualmente liberando dal giogo di Grillo. La mia speranza è che l’abbandono della insensata vocazione maggioritaria di cui soffre il PD fin dai tempi dell’ineffabile Veltroni vada di pari passo con l’evoluzione dei Cinque Stelle e apra la possibilità di futuri accordi tra i due partiti. Ma la prospettiva è praticabile soltanto se il PD verrà definitivamente sottratto alle nefaste influenze dei suoi capibastone e dei nostalgici di Renzi e di Calenda. Un punto, quest’ultimo, su cui spero che Elly Schlein abbia la forza di essere chiara.
Battista Gardoncini