Banchi a rotelle e altre storie

Sui banchi a rotelle si sono versati fiumi di inchiostro e si sono sprecate ore di chiacchiere televisive, quasi sempre a sproposito grazie all’italico vizio di parlare a vanvera e alla brutta abitudine di molti giornalisti che preferiscono  riferire le opinioni invece di accertare i fatti.

Partiamo dalla fine, dal recentissimo attacco dell’assessore regionale alla scuola del Veneto Elena Donazzan ai banchi con le rotelle. “Li ritireremo – ha detto – perché sono inutili e fanno venire il mal di schiena”. A sostegno dell’assessore i giornali hanno citato le dichiarazioni della segretaria regionale dello Snals, un sindacato autonomo della scuola in perenne polemica con le organizzazioni confederali,  e di alcuni dirigenti scolastici, che li hanno spostati nei laboratori perché ritenuti inadatti alla didattica tradizionale. Non siamo esperti, come peraltro l’assessore Donazzan, titolare di un diploma di maturità linguistica. E dunque può anche darsi che l’attacco abbia un suo fondamento, ma il fatto che sia venuto da una amministrazione leghista, sempre pronta ad attaccare le scelte del governo, e sia stato prontamente rilanciato da Matteo Salvini e Giorgia Meloni, avrebbe dovuto indurre a qualche cautela in più. Ad esempio, cercando di approfondire l’argomento.

Chi lo ha fatto ha scoperto che per ora agli atti c’è soltanto una lettera dell’assessorato ai dirigenti scolastici della regione, in cui vengono richieste informazioni sul numero dei banchi, sul loro utilizzo e sugli eventuali danni posturali provocati. In pratica,  una ricognizione di cui per ora non sono noti i risultati. In compenso, hanno fatto sentire la loro voce altri dirigenti che i banchi li usano, mentre la CGIL scuola ha parlato di un attacco politico e ha detto di non avere notizia di banchi ritirati.  Approfondendo un altro po’, si scopre inoltre che gli arredi scolastici non rientrano tra le competenze dell’assessorato regionale, che non ha alcun titolo per intervenire sull’argomento.

Le polemiche sui banchi con le rotelle, comunque, non sono una novità. Il loro arrivo nelle scuole italiane risale a parecchi anni fa, come risposta alle mutate esigenze di una nuova didattica fondata sui laboratori e sui gruppi di lavoro. Alcune scuole di avanguardia li avevano richiesti, ottenuti e usati con ottimi risultati in tempi non sospetti, e perfino il video virale dei ragazzini che se ne servivano per giocare all’autoscontro, polemicamente riproposto in piena emergenza Covid, risale in realtà al 2017. Sarebbe stato meglio non farlo, ma alzi la mano chi in vita sua non ha mai saltato un banco scolastico tradizionale.

Nessuno è esente da critiche, nemmeno il ministro Lucia Azzolina. Ad esempio si può discutere dell’opportunità di investire denaro nei nuovi banchi mentre l’edilizia scolastica fa letteralmente acqua da tutte le parti.  Non è accettabile però che molti giornalisti  prendano  per oro colato le bufale che vengono diffuse per fini politici, e contribuiscano alla loro diffusione. Purtroppo abbiamo tutti sentito dei banchi in vendita su Alibaba per trenta euro acquistati dal governo  per trecento, e non ci ricordiamo delle successive smentite. E nell’accavallarsi delle cifre che ha accompagnato tutta la vicenda pochi fanno riferimento ai dati ufficiali forniti pochi giorni fa dal commissario straordinario Arcuri. Eccoli qui, a futura memoria: il costo medio di un banco innovativo è stato di 274 euro, mentre il costo medio di un banco tradizionale monoposto è stato di 93 euro. Visto che sono stati distribuiti 434.000 banchi innovativi e 2.100.000 banchi tradizionali, sono stati spesi circa 318 milioni di euro. Qualcuno può pensare che la spesa sia giusta. Qualche altro che sia eccessiva. Certo è ben diversa dal miliardo di euro di cui per mesi hanno parlato giornali e televisioni. 

Battista Gardoncini

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