Prigionieri politici

XXI secolo, lunedì 16 ottobre 2017, ore 22.34. La Spagna (ma anche l’Europa) ha i suoi prigionieri politici come non avveniva dai tempi del franchismo. Jordi Sànchez e Jordi Cuixart presidenti, rispettivamente, di Assemblea Nacional Catalana e Omnium Cultural, le due associazioni che hanno avviato al di fuori dei partiti, lavorando nell’opinione pubblica, il grande movimento per l’indipendenza della Catalunya, sono stati arrestati e portati nella prigione di Soto del Rey alla periferia di Madrid. Detenzione senza cauzione è quanto ha comminato il tribunale su proposta della procura generale dello stato spagnolo. Rischiano almeno 15 anni. Sono accusati di sedizione per avere organizzato e sostenuto le manifestazioni di Barcellona e della Catalunya delle scorse settimane.

Le immagini di quei giorni, in particolare del 20 settembre, entrate subito nel circolo dei media e dei social, vedono i due salire sul tettuccio di un’auto della Guardia Civil con un megafono in mano per chiedere “senza retrocedere di un passo, di mantenere la serenità e la calma, perché sono le uniche armi per la vittoria e per raggiungere l’obiettivo della Repubblica Catalana”.

Llibertat Jordis, libertà per i due Jordi, è diventato il leit motiv delle campagne social delle ultime ore, con interventi di organizzazioni culturali, politiche e di difesa dei diritti umani di tutto il mondo, perché si considera che in Spagna il governo di destra, presieduto da Mariano Rajoy, abbia superato ogni limite nella repressione. Le immagini delle cariche della polizia del 1° ottobre ai seggi del referendum catalano sono state replicate in ogni social e ogni media, ma la risposta pacifica della gente anche.

Le cronache di quest’ultima settimana parlano di una dichiarazione d’indipendenza pronunciata dal presidente della Generalitat di Catalunya Carles Puigdemont in ossequio al risultato, ampiamente per il sì, del referendum catalano. Ma raccontano anche di una immediata sospensione per aprire ancora una volta, come richiesto da tempo dai catalani al governo di Madrid, la via del dialogo per discutere del futuro, Finora la risposta del governo è stata una pistola fumante, ovvero l’applicazione dell’articolo 155 della costituzione spagnola che esautorerebbe il governo catalano dalle sue funzioni, sostituito da rappresentanti della centralità di Madrid entro giovedì 19 alle 10. E all’ultimatum e ai “no” reiterati di Rajoy, sia al dialogo, sia al negoziato, sia alla mediazione internazionale di qualsiasi provenienza, oggi è seguita la repressione giudiziaria dopo le botte della Policia Nacional e della Guardia Civil. Per molti, soprattutto per la destra spagnola, ma anche per i socialisti del PSOE e del satellite catalano PSC, la scelta della legalità e del rispetto del quadro istituzionale è prioritaria alle azioni sproporzionate delle forze di polizia, delle aule di tribunale, delle scelte politiche del governo. E tra i leader europei, dopo una politica dello struzzo che sosteneva che l’intera questione fosse un “domestic issue”, un affare interno della Spagna, comincia ad insinuarsi la necessità di avere un ruolo prima del precipitare della situazione. Macron, Juncker e, in maniera più sfumata, Merkel continuano sostenere che l’Europa non debba immischiarsi, ma il primo ministro belga Michel in queste ultime ore ha chiesto all’Ue di aprire un tavolo. Dall’Italia invece Rosatellum a gogò e cinque sinistre che non si parlano favorendo i propri avversari.

Nel frattempo Barcellona e la Catalunya scendono nuovamente in strada, lo faranno  con le mani alzate davanti alla polizia, chiedendo libertà per i prigionieri e per i propri diritti di espressione e di scelta di autodeterminazione. I catalani sono tossuts, testardi, costruiscono castelli umani e hanno come simbolo San Giorgio. Il drago è avvertito…

Luis Cabasés

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