Che Guevara ha avuto ed ha ancora il fascino che incarna la faccia di una rivoluzione. Ma anche Simon Bolivar per il sud America, Masaniello per Napoli, Cohn Bendit per il maggio francese. Ma se guardate Jordi Sànchez i Picanyol, classe 1964, capo di Assemblea Nacional Catalana, promotrice con Omnium Cultural, l’associazione che difende l’identità culturale catalana, di quest’ultima fase del processo indipendentista, e non sapete nulla di cosa sta succedendo in Catalunya in questi giorni, potreste pensare tutto ed il contrario di tutto. Piccolino, barba curata, vestito normalmente, neanche un avana tra i denti, professore universitario di scienze politiche. Insomma, un elogio della mitezza a vederlo. Ma alla prova dei fatti un mastino che ha azzannato il sedere del primo ministro spagnolo Rajoy senza mollarlo più. Come quei cagnolini che ce l’hanno coi postini. E per i quali i postini, alla fine, desistono e cominciano a girare alla larga.
Sànchez è effettivamente un capopopolo, amato dai suoi, odiato dagli altri, accusato di sedizione – roba da quindici anni di galera – per essere salito in piedi sul tetto di un auto della Guardia Civil e avere detto di mantenere pace e serenità a una popolazione catalana sorridentemente inferocita e con le mani colme di garofani e estelades.
Ma la sua tranquillità provoca la stessa impressione di un diesel che non si ferma, come i trattori che in questi giorni nelle città e nei paesi sono diventati l’emblema della resistenza passiva dei catalani di fronte ai manganelli, ai proiettili di gomma e allo spray al peperoncino della polizia spagnola. E c’è anche nella sua calma tanta fermezza e determinazione per arrivare al risultato finale dell’indipendenza catalana. E’ una traiettoria impegnata nella lotta – sempre pacifica e con metodi democratici – che inizia negli anni Ottanta sui banchi delle superiori, prosegue all’università e scende in strada. Se fino ad oggi nulla è successo, aldilà della brutale repressione della polizia spagnola verso chi voleva solo mettere una scheda di carta in un’urna, lo si deve anche a Jordi Sànchez che, tra l’altro, il 1° di ottobre compiva gli anni. “Il voto della gente – dice – è stato il mio regalo più bello”. Potrà sembrare una frase banale, ma è il succo vero di una semplice voglia di esprimere la propria decisione, riempita di botte dalla polizia di Madrid. Sànchez rispecchia in sé il suo popolo. Un antico adagio catalano, definendo il carattere di quelli tra i Pirenei e il mare, parla di gente con seny i rauxa, buon senso e follia, stay folish come direbbe Steve Jobs. Però oggi in Catalunya sono anche molto stay hungry
Luis Cabasés