Il dilemma di Pérez-Reverte

Il romanziere spagnolo Arturo Pérez-Reverte non è un fottuto reazionario. Non lo è perché è un uomo colto. Non lo è per l’apertura mentale e l’attenzione al diverso che gli vengono dalla passione per il mare e le esplorazioni. Non lo è per quello che ha imparato dalle troppe guerre seguite come inviato per i giornali e le televisioni spagnole. Il meno noto dei sui libri,“Territorio Comanche”,  è una straordinaria, intensa e sofferta riflessione sulla guerra nella ex Jugoslavia, vissuta in prima persona, e sui disastri generati dall’odio etnico. Ed è per questo che la sua intervista comparsa sul Corriere a firma di Elisabetta Rosaspina colpisce in modo particolare.  Non per le cose che dice, che non sono nuove, ma per il fatto che a dirle, dopo il sangue versato negli ultimi attentati in Europa,  sia uno come lui.   

Pérez-Reverte invita a  guardare in faccia la realtà: c’è una guerra, una guerra santa e l’Europa non può vincerla con il dialogo. “Dopo 21 anni come inviato di guerra in Medio Oriente – dice – mi è ormai chiaro che l’Islam è incompatibile con la democrazia. Una società retta da leggi religiose non è compatibile con una società basata su leggi democratiche. Quando gli uomini credono di non dover temere altri che Dio, non si fermano davanti a nulla. Questo è il fanatismo religioso e non lo si contrasta con il buonismo, né con la timidezza, né con la codardia“. Da qui l’invito a reagire, sapendo “che la nostra democrazia, i grandi progressi, le idee generate dalla Rivoluzione francese ci mettono in condizione di inferiorità“.

Ecco allora il dilemma di Pérez-Reverte: “non dobbiamo dimenticare quanto è costato all’Occidente, in termini di secoli, di sofferenze, di sforzi e di sangue, liberarsi dai fantasmi oscuri imposti anche dalla nostra religione: l’Inquisizione, i processi e le carceri ecclesiastiche.  Il mondo si globalizza e l’immigrazione non solo è inevitabile, ma è benvenuta. Abbiamo bisogno degli immigrati, per ragioni demografiche e come forza lavoro giovane, ma non possiamo rinunciare al lungo cammino fatto dalla nostra civiltà, né retrocedere. Nessuno può esigere che che torniamo al Medio Evo, perché ci è costato molto uscirne“.

Secondo Pérez-Reverte i governi europei mentono ai loro cittadini, nascondono loro la situazione: “la verità è che non siamo preparati alle sfide in arrivo. Abbiamo creduto che la violenza esistesse lontano da noi: in Siria, in Iraq, o in Nicaragua e Salvador, dimenticando che la violenza è ovunque nel mondo; e adesso ci stiamo bruscamente risvegliando. Dobbiamo educare i nostri figli a vivere nella realtà e a non credersi a Disneyworld. Con violenza e dolore si dovrà convivere, perché il mondo è popolato di violenti e non soltanto per motivazioni religiose. La violenza può essere dettata dall’ambizione o dalla lussuria e può rompere in ogni momento il paradiso idilliaco in cui credevamo di vivere. Ma la realtà s’impone sempre: durante il fascismo in Italia, come durante il franchismo in Spagna o, più recentemente, nei Balcani“.

Pérez-Reverte non propone soluzioni, ma si dice pessimista. E il suo pessimismo fa riflettere molto più delle concitate grida di tanti improvvisati difensori della civiltà occidentale.”Dal mio punto di vista – è la sua amara conclusione – l’Europa non ha questa capacità di resistenza, per mancanza di coraggio. A lungo termine, sarà una guerra persa“.

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