Virginia Raggi avrebbe potuto scegliere collaboratori migliori e meno compromessi con il verminaio che ha ridotto Roma nelle attuali condizioni. Che non l’abbia fatto, nel migliore dei casi per inesperienza, nel peggiore perché costretta dai suoi precedenti e mai chiariti legami con quel mondo, è grave.
Detto questo, lascia un po’ perplesso il comportamento della magistratura romana, che l’ha sottoposta a un serrato interrogatorio di otto ore mentre in altre occasioni si era dimostrata meno determinata, tanto da meritarsi l’appellativo di “porto delle nebbie” per le troppe inchieste incagliate nei suoi uffici.
Vedremo nei prossimi giorni a che cosa approderanno le indagini, e soltanto allora si potrà esprimere un giudizio sull’accaduto, che comprende anche l’incresciosa anomalia di una fuga di notizie a interrogatorio in corso. Fin d’ora invece è possibile un giudizio sul comportamento di molti giornali e le televisioni italiane, che nei confronti della Raggi hanno dimostrato un accanimento mai visto in precedenza per vicende di portata analoga o peggiore. In fin dei conti si sta parlando soltanto delle possibili irregolarità nella nomina di alcuni dirigenti della amministrazione comunale romana.
Emblematico da questo punto di vista l’ultimo caso, che riguarda le dichiarazioni dell’assessore all’urbanistica Paolo Berdini pubblicate in prima pagina dal quotidiano La Stampa. Presentato come una intervista in esclusiva, l’articolo riportava i pesanti giudizi espressi da Berdini nei confronti di Virginia Raggi, definita strutturalmente impreparata, del suo entourage, descritto come una corte dei miracoli che le dà consigli sbagliati, e degli inquirenti.
Berdini, in forte difficoltà con il sindaco dopo la pubblicazione dell’intervista, non ha smentito le frasi, ma ha dichiarato di non avere mai concesso l’intervista, sostenendo che il giornalista della Stampa avrebbe costruito una finta intervista estrapolando alcune delle frasi da lui pronunciate nel corso di una conversazione privata tra amici a margine di una conferenza.
A sua volta, la Stampa ha difeso l’operato del suo giornalista pubblicando l’audio della conversazione. Eccolo.
Le frasi, dunque, sono state effettivamente pronunciate. Ma basta questo per considerare buon giornalismo l’articolo della Stampa? Apparentemente sì, visto che in queste ore, per effetto dell’articolo, si sta discutendo della possibile sostituzione di Berdini in giunta. Nella sostanza, però, è lecito qualche dubbio. Come sa chiunque abbia un minimo di dimestichezza nelle cronache politiche, un conto è quello che viene detto in un contesto privato, dove il tono può essere scherzoso, goliardico e a volte velenoso, un altro conto è quello che effettivamente si dice e si fa. Berdini era con persone che riteneva amiche, non sapeva di essere registrato, ed è stato addirittura provocato dalle domande del giornalista, di cui evidentemente si fidava. E’ stato ingenuo nel parlare a ruota libera, però ha ragione da vendere quando sostiene di non aver rilasciato alcuna intervista, e di essere stato vittima di un agguato mediatico.
Ci sono diversi modi di interpretare il giornalismo. Chi pensa di costruirsi una carriera praticandolo attraverso il buco della serratura può ottenere qualche vantaggio immediato, ma rischia di non andare lontano. E il giornale che accetta di pubblicare articoli costruiti con questi sistemi dimostra di essere disposto a tutto pur raggiungere i suoi scopi. Che però andrebbero dichiarati. Non sempre il fine giustifica i mezzi.
Battista Gardoncini