Un treno come tanti altri

Sono e resto a favore della TAV. L’attuale sindaco di Torino ha detto che è il passato. Io penso invece che sia il futuro, perché è un tassello, costoso ma utile,  di quel progetto di integrazione europea che resta nonostante tutto una delle poche idee di ampio respiro in un mondo minato dai particolarismi.  Una idea che conserva la sua validità anche se negli ultimi anni si è appannata per i molti errori di una classe dirigente più attenta alle esigenze della finanza che a quelle dei cittadini.

Le infinite discussioni che la TAV ha suscitato in tutti questi anni sono riuscite a dimostrare una sola cosa: le argomentazioni politiche, tecniche e a volte addirittura etiche degli uni non convincono gli altri, e viceversa, come sempre accade quando gli animi si riscaldano. Oggi però la TAV non è un progetto, ma una realtà decisa e finanziata nel rispetto di tutte le regole democratiche, con votazioni a livello europeo, nazionale, regionale e locale. Rimetterla in discussione, a prescindere dai costi delle penali, avrebbe senso soltanto in presenza di un significativo mutamento di opinione, che secondo tutti i sondaggi non c’è stato. E il fatto che i suoi avversari non abbiano mai avanzato la richiesta di un referendum nazionale sul tema autorizza a pensare che lo sappiano benissimo  anche loro.

Le manifestazioni che negli ultimi giorni hanno riportato la questione al centro dell’attenzione, quella NO TAV di sabato e quella SI TAV di novembre, hanno riempito le piazze, ma non hanno modificato la situazione. Personalmente mi è piaciuta di più quella dei NO TAV, perché c’erano tantissimi giovani entusiasti e perché gli organizzatori sono riusciti ad isolare le frange estremiste che abbiamo visto troppo spesso all’opera in Val di Susa. Ho guardato invece con qualche sospetto ai troppi capelli grigi con annesso golfino di cachemire  – peraltro simili ai miei – che abbondavano nella piazza SI TAV, e mi hanno infastidito i toni usati dalle “madamine” e dai loro suggeritori per preparare l’evento e gestirne i risultati. Ma in entrambi i casi appariva evidente che la TAV era soltanto un pretesto, il simbolo di un contrasto più profondo, di un diverso modo di immaginare il futuro del paese.

La sfida dei prossimi anni è quella delle priorità, che andrebbero individuate senza ricorrere alle false semplificazioni di slogan come “sviluppo” o “decrescita” più o meno felice. Di questo una politica degna di questo nome dovrebbe discutere, se ne fosse ancora capace. E allora, forse, si scoprirebbe che la TAV è soltanto un treno uguale ai tanti altri che attraversano ogni giorno l’Italia, l’Europa e il mondo.

Battista Gardoncini

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