Tra vent’anni, quando tutti avranno dimenticato i film di Paolo Sorrentino, Fuocoammare sarà ancora lì, a ricordare al mondo quel che è accaduto e forse ancora accadrà nel nostro mare di casa. Proprio non ho capito le proteste del più noioso dei nostri registi per la candidatura del film di Gianfranco Rosi agli Oscar come migliore film straniero. Anzi, le ho capite benissimo, e non mi sono piaciute.
Dice Sorrentino che Fuocoammare è un documentario, e dunque sarebbe stato meglio farlo concorrere in quella categoria. Che si esca sconvolti dalla sala dopo averlo visto, che alcune delle scene restino indelebili nella memoria, che la sua uscita abbia contribuito più di migliaia di articoli e servizi televisivi a far capire a una opinione pubblica distratta l’entità di una delle grandi tragedie del nostro tempo, a Sorrentino non importa. Gli importa invece che le immagini non siano sufficientemente levigate, che la musica sia quella di ambiente, che manchi una sceneggiatura sofisticata e che i dialoghi non siano sufficientemente rarefatti. Tutti ingredienti che lui, Sorrentino, sparge a piene mani nelle sue opere, avendo sempre l’accortezza di giovarsi di attori di gran nome e di sicura presa sul botteghino.
Rosi, con la sua telecamera a mano e i suoi attori non professionisti, seguiti per quasi un anno nella loro vita di tutti i giorni sull’isola di Lampedusa, ha scelto una strada non migliore e non peggiore, ma semplicemente diversa. Negare che la scena del dottor Bartolo davanti al computer dove scorrono le immagini delle vittime dei naufragi abbia tutte le caratteristiche di un grande momento cinematografico è qualcosa di più e di peggio di una sottovalutazione. E’ una incapacità di capire che si possono fare film straordinari con pochi mezzi e con la sola forza delle idee.
Ridurre le strazianti e delicate immagini girate dentro un barcone carico di morti al rango di un documentario, come se potessero essere paragonate a un qualsiasi prodotto di National Geographic, è cosa che a mio avviso grida vendetta per chiunque ami il cinema.
Vedremo tra pochi mesi che cosa ne penserà la giuria degli Oscar. Ma è comunque consolante pensare che più o meno allo stesso modo hanno pensato i giurati del festival di Berlino, che a Fuocoammare hanno assegnato l’Orso d’Oro per il miglior film. Film, Sorrentino. Non documentario.
Battista Gardoncini