Botti e cappotti

Cani e gatti hanno fatto la fortuna di Mark Zuckerberg. Milioni di persone postano in modo compulsivo foto e video dei loro animali, si scambiano consigli per farli crescere più sani e più belli, diffondono appelli per trovare una casa a quelli più sfortunati, e spiegano quanto sia gratificante adottarne uno paralizzato perché basta un carrettino per farlo tornare come nuovo.

Per tutti i  professionisti dei post a quattro zampe ci sono due scadenze irrinunciabili. A Natale bisogna  fotografare la propria bestiola con il nuovo cappottino contro i rigori dell’inverno, e commentare le foto altrui con esclamazioni che siano seguite da almeno tre punti esclamativi. Per capirci, “amoreeee !!!” va benissimo,  mentre “amore” è sconsigliato perché suona un po’ troppo freddo. Ma è Capodanno è il momento tanto atteso da tutti i veri amanti degli animali: l’appello contro i botti riempie di soddisfazione chi lo scrive, chi appende il cartello al collo del Fido di turno, chi riesce a fotografarlo mentre quello si divincola, chi lo posta, chi lo legge e chi lo rilancia.

Anche nel caso degli appelli contro i botti, comunque, le forme vanno rispettate. Scrivere semplicemente  “no ai botti” è utile per non essere considerati insensibili dagli amici, ma probabilmente non basterà a conquistarne di nuovi, e frutterà pochi “like” di cortesia.

Vanno un po’ meglio gli articolati appelli alle autorità costituite per una maggiore severità nei confronti degli appassionati del botto. Ci si rivolge un po’ a tutti, polizia, carabinieri, vigili urbani, pompieri. Ma di solito i destinatari preferiti sono i sindaci. Quello di  Torino, Chiara Appendino, si è portata  avanti con il lavoro e ha emanato una apposita e severissima ordinanza, sapendo benissimo  che, come le precedenti, si dimostrerà del tutto inutile. Botto per botto, speriamo non le venga in mente di predisporne una analoga per i fuochi di San Giovanni.

Ultimamente, però,  il massimo apprezzamento, con relativo pieno di “like”, lo riscuotono i testi pseudoscientifici che descrivono i deleteri effetti dei botti sulla psiche animale, e distillano preziosi suggerimenti sui modi di combatterli. Qualcuno consiglia di tenere l’animale in casa, dimenticandosi che nella maggior parte dei casi quello ci sta già, e che comunque, se è un cane, almeno una volta nel corso della notte dovrà uscire per le sue necessità fisiologiche. Qualcuno dice di tenerlo a digiuno. Qualcuno di farlo mangiare. Qualcuno suggerisce di coccolarlo. Qualcuno di ignorarlo. Qualche altro suggerisce addirittura terapie riabilitative per il superamento del trauma.

Quasi tutti, però, preferiscono dimenticare che la paura dei botti non ha origini genetiche, visto che moltissimi cani e moltissimi gatti non ce l’hanno. I veterinari più accorti parlano di fobia, dunque di una patologia indotta da qualcosa che è avvenuto nel corso della vita del nostro cane o del nostro gatto, e che molto probabilmente ha a che fare con noi e con il nostro rapporto con lui. Che troppo spesso non viene trattato per quello che è: un compagno di vita,  non un fantoccio da rivestire con il cappotto perché d’inverno fa tanto freddo, poverino.

Ci sono tantissimi buoni motivi per detestare i botti di capodanno, a cominciare dai costi che il servizio sanitario nazionale deve sobbarcarsi per gli idioti che se li fanno esplodere in mano.  Mettere il disagio animale al primo posto, come fanno alcuni, sembra un po’ eccessivo. In fondo, per risolvere il problema dei casi più disperati basterebbe un blando calmante. In questo mondo di pazzi una pillola non si nega a nessuno, perché si dovrebbe fare un’eccezione per i migliori amici dell’uomo?

Battista Gardoncini

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