Il sen. Andrea Marcucci è il capogruppo del PD al Senato. E’ uomo di lungo corso. Lo ricordo quando era un giovanissimo leader del Partito Liberale ai tempi di Altissimo. In Toscana, naturalmente. Mi ha sorpreso una sua dichiarazione dei giorni scorsi, secondo la quale lui “non vede l’ora che Di Maio e Salvini si mettano d’accordo”. E’ un’opinione diffusa negli ambienti vicini a Renzi. L’accordo populista sovranista farebbe tali danni, sembrano pensare, che poi a furor di popolo tornerebbero quelli che oggi si trincerano dietro l’hashtag “tocca a loro”.
Bene, le consultazioni del Presidente Mattarella serviranno a far comprendere che le cose non sono così semplici.
L’ipotesi più accreditata prevede che, dopo un paio di incarichi a vuoto a Di Maio e Salvini, si possa giungere ad un compromesso su un terzo nome. Rendono non facile questa soluzione varie circostanze. A parte la difficoltà di far convergere i rispettivi programmi (si sa che su questo un compromesso lo si può sempre trovare), due sono gli ostacoli. Da un lato la pretesa di Di Maio di guidare il governo (accampando una maggioranza che in Parlamento non c’è), pretesa che Salvini, più furbo, non ha avanzato con la stessa rigidità. Dall’altro la questione di Berlusconi, giacché sembra assai improbabile che la Lega si indebolisca rompendo con Forza Italia, e d’altro canto sembra altrettanto improbabile che il Movimento 5 Stelle possa ingoiare il rospo di un allargamento della maggioranza fino a colui che rappresenta agli occhi della sua base il diavolo.
Ci sono quindi discrete probabilità che l’auspicio (non so quanto condiviso in Europa) del sen. Marcucci non si realizzi.
Che fare allora? E’ prematuro che i vari partiti si scoprano, ma appare probabile che il Presidente Mattarella, per non andare immediatamente al voto (che ripeterebbe gli stessi esiti), possa proporre un esecutivo di largo sostegno parlamentare, guidato da una personalità non divisiva, che abbia il termine di un anno e che coinvolga in qualche modo tutte le principali forze politiche.
Rispetto a questo scenario appare quindi imprudente la posizione del sen. Marcucci e di quanti la pensano come lui. Oggi il PD deve ritornare a parlare al paese, dicendo che cosa vuol fare, quali priorità si dà, quali correzioni vuole apportare alle riforme passate, che così poco sono state condivise. Come dice Napolitano, deve smettere di autoelogiarsi e riprendere a guardare avanti. Deve cioè ancorarsi ad un programma e non ad un rifiuto pregiudiziale. Bisogna convincersi che, al di là della grancassa mediatica, nessuno ha davvero vinto e quindi in Parlamento tutti dovranno giocare le loro carte.
Giusi La Ganga