Le primarie non servono. Il candidato premier sono io. A meno di ventiquattro ore dalla approvazione della nuova legge elettorale Matteo Renzi ha scelto Repubblica, sempre più “house organ” del renzismo, per ribadire che non ha nessuna intenzione di fare un passo indietro. Era facilmente immaginabile, visto l’ego ipertrofico del personaggio e la propensione al rilancio azzardato messa in mostra dopo le battute d’arresto subite nel corso degli anni. Ma spiazza chi è impegnato nel difficile tentativo di superare le divisioni del centro sinistra e crea sconcerto in un elettorato che non ne può più delle esternazioni via Twitter, vuole una politica vicina ai problemi concreti del Paese e auspica soluzioni in sintonia con un comune sentire di sinistra.
Renzi ripropone la sua candidatura facendosi forte dello statuto dl PD, che individua nel segretario il candidato premier. Però dimentica di dire che con la nuova elegge elettorale contano le coalizioni e non i singoli partiti. E tende a minimizzare la frana elettorale che secondo tutti i sondaggi sta per travolgere il PD in Sicilia, e che potrebbe essere soltanto l’avvisaglia di guai peggiori a livello nazionale.
Renzi sa bene che una coalizione di centro sinistra guidata da lui non può sperare in una vittoria nelle elezioni della prossima primavera, e che anzi la sua candidatura rischia di far perdere altri voti invece di guadagnarli. Ma tra i suoi molti difetti non c’é quello della mancanza di senso pratico, e dunque c’é da chiedersi che cosa lo abbia spinto a questa improvvisa esternazione. La risposta purtroppo è una sola: in un dopo voto senza vinti né vincitori, con una coalizione di centro destra presumibilmente prima e il centro sinistra e i cinque stelle all’incirca appaiati, il futuro governo nascerà da accordi, non confessabili prima del voto, tra il centro destra e il centro sinistra.
Berlusconi, Salvini e Meloni erano, sono e resteranno indigeribili anche per il più allineato degli elettori del centro sinistra, Renzi ha quindi bisogno di accreditarsi con il centro destra come l’unico interlocutore affidabile perché in grado di controllare i voti dei parlamentari eletti. E guarda caso, grazie alla riforma elettorale appena varata, questi parlamentari verrano scelti nella quasi totalità dalle segreterie di partito. Nel caso del centro sinistra, dallo stesso Renzi.
In questo quadro, per molti versi desolante perché di semplice conservazione dell’esistente, le percentuali ottenute dalle coalizioni e dai singoli partiti saranno tutto sommato ininfluenti. Conteranno soltanto gli accordi per la la gestione del potere e per la spartizione degli affari. Come dimostrano le cronache, due campi dove Renzi non ha mai fallito.
Battista Gardoncini