di Alfio Bessone – Ho deciso di non lasciar perdere e di continuare a scrivere perché mi hanno telefonato in tanti. Però non voglio redigere la solita lista dei piagnistei. Ma ho intenzione di denunciare una situazione che richiede soluzioni urgenti. E se nel mio scritto precedente dicevo che oggi qui in montagna non se ne può più, i motivi sono tanti. Il mondo delle valli è stato completamente dimenticato dalla Casta, e la gente è arrabbiata: basta guardare la direzione che ha preso il voto nelle ultime elezioni. È arrabbiata perché, a fronte del dilagare della corruzione e dell’evasione fiscale, si eliminano – anzi: si “tagliano” – diritti acquisiti nel tempo con fatica. Archiviati i decenni in cui l’economia del mondo montano è stata letteralmente distrutta, si ricomincia daccapo a fare danni. Alla faccia della Costituzione e del famoso articolo 44, che «dispone provvedimenti a favore delle zone montane», non c’è più il fondo per la montagna, e il “superamento” (leggi: eliminazione) delle Comunità Montane deve fare i conti con un percorso irto di ostacoli e difficoltà. Insomma, non sta cambiando nulla rispetto al passato, quando le risorse delle valli (pensiamo anche solo all’acqua) venivano incamerate con arroganza e ci si faceva baffoni sul possibile sviluppo di comparti economici basati sull’impiego di ciò che offre la montagna, con la conseguente creazione di lavorio e investimenti.
E a nulla è valso fare richieste precise, dal potenziamento dell’innovazione, col superamento definitivo del digital divide e la possibilità di accesso alla banda larga (il famoso diritto alla connettività…), alle politiche forestali e agricole; dal recupero edilizio delle borgate alla difesa dei suoli e alla messa in sicurezza delle valli; dallo sfruttamento delle energie rinnovabili al potenziamento di un turismo capace di inserirsi nel mondo alpino senza causare danni; dagli incentivi alle Unioni dei Comuni montani alle politiche di perequazione territoriale. E poi, naturalmente non per ultime, vista la loro importanza, politiche adeguate per la scuola e l’istruzione, l’infanzia, i servizi sociali, la sanità, i trasporti. Le idee chiare le ha anche chi abita e lavora in montagna. Ed è questo che genera sconforto e arrabbiature tra la gente che abita quassù. Ma, si sa: se non si chiede e non si sente, sembra che i problemi non esistano. Quando invece la situazione sta diventando letteralmente insostenibile e priva di prospettive.