Natura forgiata dall’uomo in base alla sua cultura e alla sua esperienza. Dunque “una seconda natura”. Questo è sempre stato un giardino. E questo è anche il titolo di un libro di Michael Pollan, docente di giornalismo a Berkeley e appassionato giardiniere.
Il libro, pubblicato in Italia da Adelphi, non è un manuale, ma una riflessione sull’uomo e sul suo atteggiamento nei confronti della natura, simboleggiato dagli opposti comportamenti di chi vuole sottometterla e piegarla alla sua idea del mondo – quanti prati ben rasati nelle periferie urbane del nuovo mondo – e chi cede alla sua forza e rifiuta ogni convenzione sociale in nome della wilderness. In mezzo c’è chi la apprezza per quello che è, ma vorrebbe conciliare la sua esuberanza con le necessità del vivere civile. Interventista, ma solo fino a un certo punto, e sempre nel rispetto di quel “genius loci” di cui parlavano un tempo i romani, e di cui oggi discutono architetti e paesaggisti.
Da un argomento apparentemente frivolo come il giardinaggio Pollan ha tratto un libro pieno di cultura e di humor, e a suo modo denso. E’ con piacere che il lettore si aggira tra gli “imperativi morali del compost” e le ideologie che fanno capolino tra le pagine di cataloghi costruiti su misura per i diversi tipi di giardinieri, siano essi uomini affari della East Cost, nostalgici gentiluomini del sud o reduci del Sessantotto. Pollan ci fa scoprire le motivazioni profonde che alimentano il fiorente mercato degli ibridi di rosa e ci spiega che la differenza tra un’erba e un erbaccia riguarda soltanto noi e il nostro modo di percepire il mondo. Ci fa sorridere con le storie di suo nonno, uno squalo dell’edilizia che amava la campagna e aveva trasformato il parco della sua immensa tenuta in un ordinatissimo orto, e con le tante battaglie che ha perso in prima persona contro una marmotta troppo golosa. Ma ci fa anche riflettere sul significato politico della scelta di piantare alberi e di creare recinzioni, e insinua più di un dubbio sulle rigide convinzioni di un certo tipo di ecologismo, troppo ideologico nella sua negazione delle esigenze dell’uomo, e incapace di riconoscere che la natura incontaminata non esiste più.
“Una seconda natura” è un libro interessante e ben scritto. Vista la ricchezza delle citazioni – da Shakespeare a Thoreau, da Melville a Virgilio – dopo averlo letto, quando prenderete una zappa in mano faticherete allo stesso modo, ma almeno vi sentirete in buona compagnia.