Tagliare il pane

Renato Scagliola continua la sua esplorazione degli aspetti più dimenticati della montagna. E ci porta alla riscoperta del tagliere.

Domanda, perchè incuriosirsi per il tagliere per il pane, arnese in disuso da oltre mezzo secolo abbondante? Intanto cos’è. Una tavola di legno rettangolare, a volte sagomata a U, incavata o con un bordo di legno, con incernierato al centro un lungo coltello robusto, usato come una leva, che serviva a tagliare, o meglio stritolare il pane raffermo. Perché per un paio di secoli specie in montagna, il pane – a uso di forzate economie – si faceva una volta al mese, una volta ogni due, tre mesi, qualche volta una volta all’anno. Pazzesco a pensarci oggi. Ed è intuitivo che diventasse piuttosto duro, anzi una pietra. Quindi si inventò un arnese adatto a sbriciolarlo – sarebbe stato brutto prenderlo a martellate – e poi mangiarlo bagnato in acqua o nel latte. E’ possibile che fu un geniale montanaro che per primo a forza di pensare, studiò la questione, di sicuro in un inverno nevoso, con poco lavoro causa la stagione, e montò il primo elementare meccanismo con comprensibile soddisfazione, poi copiato piano piano da altri.
Un modesto manufatto rustico, archetipo della scomparsa cultura materiale alpina, che testimonia anche la sacralità del pane, di cui non doveva andar sprecata neanche una briciola. Qualche arnese c’è ancora in giro da rigattieri e raccoglitori di provincia, ed è diventato un pezzo da museo etnografico, con quotazioni adeguate. Una tecnologia primitiva ed efficiente, tutta fatta in casa, come la maggior parte degli strumenti da lavoro prima dell’era delle macchine. Nel senso che il montanaro o il contadino, non compravano quasi niente, erano pessimi clienti della bottega del ferramenta, anche perché non esisteva, surrogata dalle fiere, una volta ogni tanto.
Ma che pane si faceva che durava commestibile così a lungo senza ammuffire? Intanto erano forme tonde da un chilo circa, conservato su stagere aerate, rastrelliere fatte di pioli infissi in un palo, difese ingegnosamente dai topi. Con sistemi vari.
La farina non era quasi mai quella bianca di frumento che conosciamo tutti, perché troppo costosa, ma quella di segala, per il pane nero, poi anche orzo, granturco, magari castagne, miglio.

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