di Maurizio Puato – Questa volta mi sforzerò di parlare esclusivamente di arrampicata, ma so già che mi perderò in parallelismi deliranti. Perdonatemi.
Lo scorso week end sono andato a scalare in una nota falesia piemontese. Ad un certo momento è arrivata una ragazza che chiedeva informazioni sui movimenti di una via perché – diceva – voleva salirla a vista. Mentre l’ascoltavo, nella mia mente è apparso un grosso punto interrogativo che mi ha riportato alle solite vecchie masturbazioni mentali dell’arrampicata.
Ormai non partecipo più tanto fisicamente all’arrampicata, ma qualcosa, oltre alla tecnica, mi è rimasto. Quando si decide di salire una via a vista, vuol dire che di quella via non si conosce nulla, che non si sa dove sia il passaggio chiave o se la via si presenti con un passaggio di blocco o sia questione di continuità. Ora, io so che, quando qualcuno vede uno scalatore impegnato su una certa via e poi prova lui stesso la medesima linea, la sua scalata non può essere definita a vista. E so anche che, se su un passaggio di boulder si trascinano i piedi sul crash pad per trattenere la sbandierata, o se qualche spotter un po’ “affettuoso” ci mette una mano dietro la schiena e ci scarica di qualche chilo, significa barare. È un po’ come doparsi. Come copiare per prendere un voto più alto a scuola o, peggio ancora, come copiare ad un concorso per passare davanti agli altri in graduatoria.
La storia è più o meno la stessa e, anche se parliamo solo di arrampicata, be’, dobbiamo ricordarci che quest’ultima è fatta da essere umani; e che nel comportamento dei climber si ritrova riflessa la vita nel senso più alto del termine.
Ma non vale la pena di barare, ragazzi: se persino gli atleti di caratura mondiale portano a casa un misero stipendio, figuriamoci chi sale su un 7a… Il valore di un atleta non si misura solo dai numeri portati a casa, ma anche dall’onestà, dall’umiltà e dalla classe. I primi a gioire delle vostre prestazioni dovete essere voi e, credetemi, la vostra soddisfazione sarà direttamente proporzionale alla vostra onestà. Per fortuna ho conosciuto persone che, senza difficoltà, riescono a comportarsi da atleti e da uomini (o da donne) esattamente nello stesso modo. E sono dei grandi.
Un giorno un caro amico salì a vista una via di 8b (completamente scavata). Io a quel tempo scrivevo sul forum del B-side e, quando gli feci qualche domanda per aggiungere la notizia sul sito Web, lui non ne volle sapere. Mi disse che la via era una schifezza, scavata e da ignoranti, e che in qualche modo provava un po’ di vergogna, al di la del grado, per aver salito una linea del genere. Bene: quella è stata una persona che mi ha insegnato molto nell’arrampicata. Ma forse nell’arrampicata, come nella vita, è importante avere dei buoni maestri.
2 comments
Un buon ragionamento, lo condivido.
E’ proprio come dici tu. Ma d’altro canto, non è forse vero che da ragazzi andavamo ad arrampicare per conoscerci, per capire chi eravamo, per misurarci con noi stessi?
Non mi stupisce che di questi tempi anche nell’arrampicata valga più l’esteriorità, il poter dire ho fatto… (allora la chiamavamo l’arrampicata parlata, come il sesso parlato, eccetera!), ma i valori veri, li hai ben delineati tu.
Condivido appieno