Prendete il numero di abitanti di un paese, dividetelo per la superficie espressa in chilometri quadrati, e avrete la sua densità abitativa. Non una semplice curiosità statistica, ma un numero che i demografi considerano di importanza almeno pari ai dati sulla crescita della popolazione mondiale e sulle aspettative di vita. Perché l’essere pochi tanti o troppi condiziona in modo pesante la qualità della vita, e a volte decide del destino di una popolazione.
Gli esempi storici non mancano, e lo studioso americano Jared Diamond ne ha citati alcuni in un bel saggio di qualche anno fa, Collasso, pubblicato in Italia da Einaudi. Gli abitanti dell’Isola di Pasqua, scomparsi dopo aver creato i loro enigmatici monumenti perché il territorio non era più in grado di nutrirli. La civiltà nordamericana degli Anasazi, che crebbe troppo in fretta e fu molto probabilmente spazzata via da un prolungato periodo di siccità. Gli europei che colonizzarono la Groenlandia, ma a differenza degli Inuit non seppero adattarsi alle scarse risorse dell’isola e si estinsero.
Oggi viviamo in un mondo globalizzato, dove circolano non soltanto le informazioni e le merci, ma anche le persone, come dimostrano i grandi fenomeni migratori cui assistiamo. E se da una parte questo permette di alleviare singole situazioni di crisi, dall’altra crea tutta una serie di nuovi problemi. Che dovremmo affrontare con una consapevolezza nuova. “In passato – dice Diamond – non esistevano né gli archeologi né la televisione. Nel XV secolo, gli abitanti dell’isola di Pasqua che stavano devastando il loro sovrappopolato territorio non avevano alcun modo di sapere che, in quello stesso momento ma a migliaia di chilometri, i Vichinghi della Groenlandia si trovavano allo stadio terminale del loro declino, o che gli Anasazi erano andati in rovina qualche secolo prima. Oggi, però, possiamo accendere la televisione o la radio, comprare un giornale e vedere, ascoltare o leggere cosa accade intorno a noi. Abbiamo dunque l’opportunità di imparare dagli errori commessi da popoli distanti nel tempo e nello spazio. Nessun’altra società ha mai avuto questo privilegio”.
Proviamo ad applicare i suggerimenti di Diamond all’Italia contemporanea. E partiamo dai numeri. La densità mondiale è pari a 53, quella dell’Unione Europea è di 113, quella nostra di 201. Siamo dunque un paese densamente popolato. Più della Cina, che si ferma a una densità di 140, e più anche della vicina Francia, abitata più o meno come l’Italia, ma con un territorio quasi doppio. Nulla di drammatico. Siamo ancora tra i paesi ricchi della Terra, e possiamo continuare allegramente a sperperare la nostra acqua e il nostro cibo. Ma c’e almeno un settore dove dovremmo fare un poco di attenzione. Abbiamo a disposizione poco suolo, e trattiamo malissimo quello che abbiamo, consumandolo con un tasso annuale di cementificazione superiore al sette per cento, spesso al di fuori di ogni regola.
L’ambiente condiziona profondamente il nostro modo di vivere, ma tendiamo a trascurarne l’importanza fino al momento in cui l’equilibrio si spezza per qualche evento imprevisto, come le frane, le alluvioni, i terremoti. Che in un paese denso come il nostro hanno più probabilità di diventare catastrofici.