Primavera a Finale

di Maurizio Puato *.

Finalmente il disgelo. La temperatura si è alzata ed è cresciuta la voglia di respirare aria diversa e di muoversi. Voglia non solo di camminare e muovere le braccia, ma di arrampicare; e magari al mare. Deciso. Si ricomincia ad arrampicare. E qual è il posto migliore per uno che ormai scala solo per puro piacere e non più per la ricerca della performance? Finale!

Il ritrovo è davanti al Palavela (quanti ricordi), e subito i sorrisi e le pacche di benvenuto sulle spalle mi riempiono il cuore di gioia e mi fanno presagire una giornata all’insegna della leggerezza e del divertimento. In auto si spazia dai discorsi di politica ai più frivoli pettegolezzi su questo o quello scalatore (alla fine si finisce sui soliti personaggi, quelli che hanno delle erezioni di fronte a una via o quelli che il venerdì sera non fanno sesso con la propria compagna perché il sabato devono “realizzare”). Sono stato fortunato ad aver sempre frequentato persone che, come me, pur considerando l’arrampicata una cosa fantastica ed emozionante, non vogliono perdersi le altre cose meravigliose della vita.

Arriviamo a Feglino. Tappa obbligata, la colazione al bar della scaletta. Non facciamo in tempo a scendere dall’auto che già cominciano i saluti di vecchie conoscenze che come noi hanno scelto Finale come meta della prima domenica primaverile. Dove si va? Io voglio il sole! Io voglio il fresco. Io voglio vie facili! Anch’io! Unanime la scelta di un bel posto, con vie belle ma non estreme: il Cucco. Muri di calcare bianco con vie lunghe, di varie difficoltà, ombra la mattina e sole il pomeriggio…

Arrivati sotto la falesia, ci accorgiamo che stranamente non c’è nessun altro, solo noi. L’aria è fresca, fin troppo. Scendo da Zambarinik con la bollita alle mani e le dita dei piedi completamenti anestetizzate. Il sole sta per arrivare, e gli vado incontro spostandomi sul settore destro della falesia, dove Gek e Ciccio Ribetti hanno appena montato un spettacolare tiro di 6 che non avevo mai provato, o almeno non ricordo. Il tiro è davvero splendido e, prima di far emergere il suo faccione, il sole arriva con i suoi raggi, simili alle dita di un bambino appoggiate su uno spigolo. Forse sono atipico come scalatore ma, anche se una via non riuscirà mai ad eccitarmi sessualmente, devo ammettere che salire una linea così procura davvero del piacere. La roccia finalese è una compagna esigente: non le basta la forza, vuole l’eleganza, la delicatezza, la maestria dei piedi.

La luce intanto è arrivata, e con piacere aggiungo all’arrampicata l’altra mia grande passione: la fotografia. Con non poca fatica risalgo lungo la corda. Quest’ultima scende dalla sosta di un tiro che Luca si sta preparando a salire. Arrivo in catena gonfio come se avessi scalato una via al limite. áncoro la mia corda per liberare la sosta a Luca, mi rinvio più a sinistra e mi preparo a scattare. Mentre aspetto che il mio compagno si avvicini un po’ ,mi guardo intorno. La vallata è spettacolare e la luce altrettanto. Gli ulivi hanno un colore quasi argentato. Penso che vorrei avere casa là, in mezzo agli ulivi. Intanto Luca si avvicina. Mi accorgo che domina a fatica i buchetti svasati della via. Ci tengo che i miei modelli appaiano sempre al meglio nelle foto, e a maggior ragione Luca, che oltre al essere un bel modello, è un caro amico. Evviva, con le lacrime agli occhi (ma sono lacrime di sudore), Luca arriva in catena.

Come il bar della Scaletta per la colazione della mattina, il bar Centrale è la tappa obbligata della birra post scalata. Anche qui il classico giro di saluti con scalatori con cui almeno una volta si è condiviso qualche movimento. Sì, arrampicare con i vecchi amici mi piace e, nonostante io lo faccia da quasi trent’anni, mi dà ancora gioia. Mi viene in mente la famosa frase di Proust: «Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi». È proprio così, penso: riscoprire l’arrampicata con nuovi occhi, e soprattutto con nuove braccia!

Torinese, classe 1964, Maurizio Puato arrampica da 26 anni, dai tempi della prima edizione di Sportroccia di Bardonecchia. Fino a otto anni fa ha lavorato nel settore della grafica e della prestampa, poi è diventato operatore nel settore lavori in fune (in quota). Socio della Puma lavori in fune s.n.c., si diverte a scattare foto anche in situazioni “estreme”.


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