di Roberto Mantovani – Todos caballeros! La sera del 6 aprile scorso, a Courmayeur, il Piolet d’Or 2013 è stato assegnato ex aequo a tutte le sei ascensioni in nomination. Una decisione inaspettata. Ma così ha voluta la giuria presieduta dall’inglese Stephan Venables. A vincere il più prestigioso premio dell’alpinismo mondiale sono stati – alla pari: l’ordine è casuale – i britannici Sandy Allan e Rick Allen, per la Mazeno Ridge del Nanga
Parbat (8125 m), in Pakistan; i francesi Sébastien Bohin, Didier Jourdain, Sébastien Moatti e Sébastien Ratel, per la parete sud ovest del Kamet (7756 m), in India; i britannici Mick Fowler e Paul Ramsden, per la traversata della cresta nord est a quella sud dello Shiva (6142 m), in India; i russi Dmitry Golovchenko, Alexander Lange e Sergey Nilov, per lo sperone nord est della Muztagh Tower (7284 m), in Pakistan; gli yankee Kyle Dempster e Hayden Kennedy, per cresta sud est del Baintha Brakk (7285 m), in Pakistan; e i giapponesi Tatsuya Aoki, Yasuhiro Hanatani e Hiroyoshi Manome, saliti sul pilastro sud del Kyashar (6770 m), in Nepal.
La motivazione della giuria? A nome di tutti, il britannico Stephen Venables, si è espresso così: «Il 2012 è stato un anno eccezionale per il numero di salite innovative che per il loro stile incarnano i valori dei Piolet d’Or. Per arrivare a selezionare le sei ascensioni nominate, tutte di altissimo livello, la giuria ha dovuto fare un grande lavoro. Che si tratti di una nuova via su un “6000”, di una lunga cresta su un “8000”, della conquista di una famosa e mitica montagna o di una scoperta remota, tutte e sei le ascensioni nominate hanno un fattore in comune: sono andate oltre la cima, si sono impegnate in una discesa diversa ed ogni salita a suo modo ha dovuto affrontare delle difficoltà molto elevate».
Una motivazione più che degna, ma che lascia sul tappeto una questione aperta. Un’evidenza che già aveva fatto capolino nelle scorse edizioni. Ma soprattutto una decisione che mina alla radice il senso di un premio e di

una classifica che non ha più senso esprimere in maniera tradizionale. In altre parole, la sentenza dei giurati ritira in ballo l’annosa questione dell’impossibilità di confrontare oggettivamente scalate portate a termine su terreni diversi, a quote differenti e di stampo talvolta diametralmente opposto, pur essendo state realizzate con modalità che rientrano ampiamente nella categoria “stile alpino”. D’altra parte – e la considerazione non è certo una novità – l’alpinismo non è né una corsa in linea né una performance di arrampicata fatta di 40-50 movimenti concatenati e analizzabili in maniera oggettiva. E per giudicare correttamente le diverse ascensioni occorrerebbe tener conto di un’infinità di variabili, costruirsi strumenti teorici di valutazione che neanche la statistica più sofisticata potrebbe mettere in atto… Probabilmente sarebbe più onesto e corretto limitarsi a proporre una carrellata delle scalate più significative dell’anno, ragionandoci su in maniera collettiva, senza pretendere di determinare il corso dell’alpinismo del prossimo futuro.
A proposito: la giuria della la 21esima edizione dei Piolets d’Or, oltre che da Stephen Venables, pioniere dello stile alpino, era composta dallo sloveno Silvo Karo; dal giapponese Katsutaka Yokoyama, piccozza d’oro 2011; e dall’autriaca Gerlinde Kaltenbrunner.
Il premio alla carriera è andato a Kurt Diemberger, con riferimento a un’intera vita di grandi avventure sulle più alte montagne del mondo e alla sua attività di film maker d’alta quota. Infine, una menzione speciale è andata a David Lama e Peter Ortner, per la prima salita in libera della via del compressore sul Cerro Torre, e a Hayden Kennedy e Jason Kruk per aver schiodato lo stesso itinerario. Una scelta, quest’ultima che ha suscitato qualche critica. D’altra parte non tutti, nel mondo alpinistico (la polemica ribolle da mesi), pensano che l’azione dimostrativa della schiodatura del Torre sia la strada giusta per il futuro, al punto che qualcuno ha persino accusato Kennedy e Kruk di essere dei talebani dell’alpinismo. Da parte nostra ci sentiamo di condividere tale critica.